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Il problema non è solo Berlusconi. Il problema è l’Italia e una Legge che ci sta ammazzando

Non si colpisce solo l'arcindagato Cavaliere. Ogni giorno, magistrati avulsi da qualsiasi contesto e senno mandano in rovina il paese

Luigi Amicone
10/07/2013 - 15:02
Politica
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Secondo l’Inail di cui dà notizia oggi Repubblica, «l’87 per cento delle imprese italiane è irregolare». Se ne dovrebbe dedurre un editto: convocare i Fratelli MS5 e dare loro mandato di trovare i giudici necessari a trascinare in tribunale questo 87 per cento di aziende fuorilegge.
C’è poco da scherzare. Non è il caso giudiziario Mediaset l’anomalia che tiene l’Italia in costante allarme default. A tenere il paese inchiodato, inchiodato a una recessione mortale, è l’ossessione della legalità intesa come fine ultimo e bene superiore della comunità nazionale.

Il pane non è legge. Figuratevi se lo è l’applicazione della legge in stile dissennato, ormai molto prossimo alla sharia di fratellanza musulmana. Roba che non colpisce solo l’arcindagato Silvio Berlusconi. Roba che brucia i pochi posti di lavoro rimasti in giro, sacrificandoli sull’altare di una purezza leguleia assurda. E assurda perché estremista. Che è già di per sé cosa pericolosa per uno Stato che fu patria del diritto. Se non fosse, come dice Maurizio Lupi (non uno qualsiasi, ma un ministro del governo Letta) che oggi questa china giudiziaria italiana «rappresenta una minaccia per la democrazia».

Avete letto bene. L’ha detto, ha detto proprio così il ministro Lupi. Cosa gli faranno adesso i tenutari della Legge? Lo avviseranno per «diffamazione nei riguardi di un corpo dello Stato»? Lo manderanno per 8 mesi in galera come stanno mandando Giorgio Mulè, nostro collega e direttore di Panorama, in galera, senza sospensione della pena e senza attenuanti, «per omesso controllo su un articolo»?

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Con Berlusconi, ma soprattutto con tutto il resto che non fa il rumore dei casi giudiziari di Berlusconi, ne stiamo vedendo come al solito di tutti i colori. Come da regime per cui l’Italia perde slancio vitale e prodotto interno lordo da vent’anni a questa parte. Non c’è peggiore corruzione, furto, ladrocinio, di una giustizia che volge il proprio ruolo da amministratrice equilibrata e prudente del terribile potere togato a somministratrice di formalismo estremo e sentenze ideologiche. Sentenze che pretendono raddrizzare le gambe agli italiani. Sentenze che tolgono la Legge all’azione di gruppi sociali e all’esercizio della politica attraverso i luoghi alla politica deputati per Costituzione: partiti, governo, parlamento.

  • Se chiudi l’Ilva in Puglia o fermi la costruzione dei radar Usa in Sicilia;
  • se spingi la Fiat a delocalizare all’estero perché quattro ultrasindacalizzati tengono in pugno un’azienda di decine di migliaia di operai;
  • se dichiari un referendum impugnabile da qualsiasi corte ordinaria sotto il Vesuvio o se imponi al parlamento la richiesta per sentenza di leggi speciali per cambiare mentalità e costumi agli italiani;
  • se blocchi i cantieri su richiesta di un pm e fai propaganda giudiziaria contro le grandi opere perché ovunque c’è il sospetto di  inquinamento mafioso;
  • se non è possibile sedersi attorno a un tavolo e definire delle priorità di “pericolosità sociale” alle inchieste e se, anzi, si considera un magistrato quale corpo separato dagli altri corpi dello Stato e volentieri il magistrato cala la sua scure sui poteri legislativo ed esecutivo;
  • se c’è una crisi spaventosa e faticosamente si è messo insieme uno straccio di governo di “unità nazionale”,

ma tu, procuratore, giudice di cassazione, professore di Consulta, ti chiami fuori perché sei Legge, solo Legge, nient’altro che Legge, e perciò ti ritieni avulso dai problemi del restante 60 milioni di italiani (eccetto che il 27 del mese il tuo stipendio di lusso ce l’hai, e chi te lo toglie lo stipendio statale quand’anche il resto del privato italiano andasse in malora?) e come un giapponese nella giungla continui a combattere per la “sola Legge”, mentre vengono giù le bombe dell’Euro, le agenzie di rating ci declassano, il credito in banca muore di asfissia e, contemporaneamente, i paletti burocratici crescono invece che diminuire e crescono perché altrimenti non si è in linea con la legalità, l’antimafia, la predica di Rodotà e la piazza grillina, scusa la parola, fratello, ma dove cazzo vuoi che vada a finire l’Italia?

@LuigiAmicone

Tags: enrico lettagiorgio mulégoverno LettaLuigi AmiconeMaurizio LupipanoramaSilvio Berlusconi
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