Belgio. Perché sull’integrazione «negli ultimi vent’anni abbiamo sbagliato quasi tutto»

Di Leone Grotti
30 Marzo 2016
«Sono stati 15 anni nelle nostre scuole e diventano terroristi per ucciderci. Come puoi cambiarli adesso?». Intervista al senatore Destexhe, campione dei diritti umani

belgio-terrorismo-ansa

Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola a partire da domani, giovedì 31 marzo (vai alla pagina degli abbonamenti)

Bruxelles non è diventata «la capitale dell’islamismo europeo» per caso. Se oggi il quartiere di Molenbeek, da cui provenivano molti degli attentatori islamici di Parigi e Bruxelles, assomiglia a Mosul o Raqqa «è colpa nostra». Si può sintetizzare così l’analisi di Alain Destexhe, senatore, membro del Parlamento regionale di Bruxelles per i riformisti liberali e rappresentante del Belgio al World Economic Forum. Già segretario generale di Médecins sans Frontières, Destexhe è sempre stato un punto di riferimento per la difesa dei diritti umani, ma senza cedere alla retorica dell’umanitarismo.

Senatore, sul Figaro lei ha scritto che «negli ultimi vent’anni il Belgio ha sbagliato quasi tutto».
Sì, e lo confermo. È da prima del 2000 che siamo diventati un paese di immigrazione, accogliendo più persone di qualunque altro Stato europeo: più di Francia, Germania, Gran Bretagna. Oggi ci ritroviamo con centinaia di gruppi legati all’islam, con il 35 per cento della popolazione di Bruxelles che è musulmana e con ghetti dove prolifera la radicalizzazione.

Molti sostengono che il peccato originale del Belgio sia aver svenduto il proprio islam alle correnti estremiste dell’Arabia Saudita in cambio di petrolio.
Ma questa è solo una piccolissima parte del problema. Non si può dare tutta la colpa all’Arabia Saudita perché il problema è molto più generale ed è nostro. Le responsabilità sono della società belga.

Troppa accoglienza?
No, il punto è che non abbiamo mai integrato tutte le persone che abbiamo accolto. Abbiamo lasciato che si integrassero da soli, ma questo non è mai successo: ognuno continua a seguire cultura e tradizioni di origine. In vent’anni non abbiamo mai voluto guardare alle conseguenze delle nostre politiche immigratorie.

Quali sono?
Prima di tutto con una politica troppo lassista abbiamo svenduto la nazionalità belga: bastano tre anni di residenza per ottenerla senza altri requisiti economici o linguistici. Anche i gruppi radicali non sono spuntati dal nulla, siamo noi che li abbiamo tollerati.

Come?
Anche quando non sfocia in violenza, esiste un problema di fondamentalismo islamico che non è in linea con i valori della società belga. Ci sono scuole a Bruxelles dove gli studenti sono al 90 o anche al 100 per cento musulmani. In queste scuole non si rispettano i diritti delle donne, è difficile che le ragazze pratichino lo sport oppure non si mostrano le immagini di certe opere d’arte perché sono statue senza veli. Noi non abbiamo reagito a questi “incidenti” e ora ne paghiamo il prezzo. Abbiamo ignorato l’influenza dell’islam nella nostra società e ora ci ritroviamo con quartieri-ghetto dove il comunitarismo è la regola e questo rappresenta un terreno fertile per radicalizzazione e terrorismo.

Perché avete ignorato i primi campanelli di allarme?
Innanzitutto perché ci siamo votati all’ideologia del multiculturalismo, sbandierata da molti partiti politici, assumendone i princìpi senza un dibattito: ogni cultura doveva essere accettata in quanto tale. Poi c’è stata la tendenza a minimizzare come problemi individuali delle vere e proprie tendenze nella società. Ogni volta che capitava un fatto come quelli appena descritti tendevamo a guardare l’autore, specie se immigrato, come una “povera persona” a cui bisognava perdonare tutto, che sbagliava solo perché era stata esclusa da noi. È il politicamente corretto. Poi ovviamente qualcuno ci guadagnava.

Chi?
I partiti di sinistra hanno fatto questo ragionamento: più lasciamo fare agli immigrati quello che vogliono e più voti riceveremo in cambio. Effettivamente è andata così, perché Bruxelles è sempre stata una città liberale e ora invece è passata ai socialisti. Non sfuggirà però che più della metà dei loro elettori ha un background di immigrazione.

Cosa significa per lei integrazione?
Di sicuro so cosa non significa: le sembra possibile che la consistente comunità turca del Belgio non abbia mai criticato Erdogan? Il presidente turco sta distruggendo la libertà di espressione e ha più sostenitori a Bruxelles che ad Ankara. La verità è che dentro tante comunità non si accettano i valori europei.

E in positivo cosa significa?
Significa adottare le leggi e i valori del luogo dove si vive, rinunciando ad alcuni tratti della cultura del proprio paese di origine. Non dico che devi cancellare le tue origini, ma una parte sì. Noi ad esempio non siamo antisemiti e riconosciamo a tutti il diritto di cambiare religione: questi punti devono essere accettati. Devi accettare che i tuoi figli possano sposare dei non musulmani o dei non turchi o dei non arabi. Secondo un recente sondaggio, in Belgio la terza generazione di immigrati turchi non ha amici belgi, ma solo turchi. La nostra situazione è questa.

Non è che l’identità europea si sta indebolendo?
È una domanda spinosa. Io so che oggi viviamo in una società dove le culture sono tante, ma non sono tutte uguali. In Occidente vige ad esempio la monogamia, mentre tanti immigrati provengono da paesi dove c’è la poligamia. Alcune parti tra le culture sono in contraddizione, e per integrarsi è necessario assumere la parte europea e abbandonare quella del paese di origine. Il multiculturalismo in Belgio ha fallito: siamo arrivati al punto che tra alcuni quartieri di Bruxelles e Molenbeek non c’è più niente in comune.

Se questa è la situazione, da dove si può ripartire?
Voglio essere sincero: non lo so. Anzi, io non penso che si possa ripartire. Dobbiamo provare a ricostruire, certo, ma non credo che ce la faremo. Non è una critica al governo, che secondo me sta gestendo benissimo questa emergenza e ha cercato di raddrizzare la barra. Ma come facciamo a cambiare direzione ora? Ci sono persone nate in Belgio, che hanno frequentato per oltre 15 anni le nostre scuole e sono diventati terroristi per uccidere i loro concittadini. Come puoi cambiarli adesso? È troppo tardi.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Articoli correlati

15 commenti

  1. giuliano

    succederà infallibilmente anche in Italia che si sta riempendo velocemente di clandestini islamici sotto la vomitevole regia del PD che non pone alcun freno alla invasione, anzi la favorisce

    1. Antonio

      però anche gli italioni i partiti e le forze anti immigrazione, le vere destre mica le votano… si astengono e vanno al mare oppure votano la sinistra accogliente rimbecilliti dalla massiccia propaganda immigrazionista, buonista, multiculturalista

  2. Menelik

    Coraggio.
    Presto l’ondata di sinistrismo passerà e questi governi saranno messi alle corde a Wagington, Bruxelles, Parigi e Roma.
    Allora la musica cambierà.

  3. Sebastiano

    L’ineffabile Galasi si produce in un’altra delle sue riuscitissime comiche:
    “non sono solo i musulmani che si devono europeizzare”
    lasciando intendere che, evidentemente, come europei dobbiamo islamizzarci.
    Chissà se è d’accordo anche per il trattamento che i suoi protetti riservano ai gay.
    Del resto lui li vuole “veramente accogliere”: altra banalità alla Boldrini, mai che dica in cosa debba consistere questa “accoglienza”. Ma fa tanto trendy (tranne quando sparano).

    1. Sebastiano

      Guarda che fra qualche giorno, probabilmente, passa dalle tue parti un’astronave che rientra sulla terra. Se fai uno sforzo magari riesci a prenderla, stavolta.

      1. Sebastiano

        E che c’entra la tv? O ti fanno vedere solo quella, dove sei?

      2. Menelik

        Certo. Sono stati gli Israeliani in combutta con gli Americani e di mezzo c’è anche l’immancabile Vaticano.

      3. Sebastiano

        @Redazione:

        Grazie per aver rimosso la spazzatura-post di quel mentecatto gombloddisda (tale Sebastian Contrario).
        Un piccolo consiglio, però: rimuovete anche i post di risposta (in questo caso i miei e quello di Menelik), altrimenti il thread (dove rimangono solo le risposte) sembra incomprensibile.

        Grazie

  4. Seppia

    Pur riconoscendo grande coraggio alle sue parole, credo che il senatore persista in un grave errore: sostenere che i terroristi siano tali perché non siamo stati in grado di integrarli correttamente. I terroristi sono tali in quanto musulmani, a prescindere dalle politiche di integrazione. Qualcuno si è chiesto perché sono solo i musulmani che diventano terroristi perché “non integrati” o “emarginati”? Mai sentito di ebrei, buddisti o induisti kamikaze.
    Leggetevi il Corano, ad esempio: “Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa è la ricompensa dei miscredenti.” (Sura 2:191)

    Dobbiamo ringraziare i politici tuttora al governo per la drammatica situazione in cui ci troviamo ora. Loro sono i responsabili, e dovrebbero subirne le conseguenze.

  5. Giu

    Grazie per il suo ennesimo articolo ambiguo (non si capisce quale direzione vuole prendere) e soprattutto privo di speranza.

    1. Ugobagna

      Giu, trattasi di una intervista a un senatore belga per dare informazioni sulla situazione belga, non è cero il giudizio dell’articolista… Perché un giudizio così tranchant?

      Per quanto riguarda la speranza, non li hai letti gli articoli sul Triduo Pasquale di Casadei in Iraq?

      1. Giu

        Ciao,
        La mia è solo una critica al giornalista che scrive (non è la prima volta) senza prendere una posizione decisa o cercare di portare una sua idea in pratica butta il sasso e ritira la mano.
        Casadei ha un modo di scrivere diverso sai cosa pensa e qual è il suo pensiero… alcune volte può non essere condiviso ma almeno ascolti un opinione che la scia qualcosa.
        Saluti

        1. Ugobagna

          Ok Giu, ma non ci sono solo gli articoli di fondo, per fare buon giornalismo in un’intervista prima di tutto bisogna lasciare spazio all’intervistato, l’importante è porre domande interessanti, pazienza se quello che dice non è in linea con quello che vorremmo sentire…

          1. Giu

            Anche con le interviste si possono fare ottimi articoli… non è stato questo il caso.
            Cmq io non voglio leggere articoli con quello che vorrei sentire dire… ma vorrei leggere articoli con opinioni e idee proprie di chi li scrive anche se differenti dal mio modo di pensare… solo cosi posso veramente capire e confrontarmi.
            Ciao

  6. Luigi

    Tra qualche anno sentiremo un Majorino dire le stesse cose con la più grande faccia tosta di questo mondo. E ovviamente si guarderà bene dal ricordare che qualcuno altro lo diceva da venti anni..

I commenti sono chiusi.