Ha fatto scalpore in Occidente il brutale omicidio di Xulhaz Mannan (a sinistra nella foto), funzionario dell’agenzia Usaid, e del suo compagno Tonoy Majumder. I due, appartenenti alla comunità omosessuale e attivisti in favore dei diritti gay in Bangladesh, sono stati trucidati a colpi di machete e ascia il 25 aprile nel loro appartamento nella capitale Dhaka.
Nel paese asiatico a stragrande maggioranza musulmano le relazioni tra persone dello stesso sesso sono illegali. In qualità di direttore di Roopban, primo giornale a favore della comunità Lgbt, Xulhaz era un volto noto. Anche Tonoy da un anno lavorava per il giornale.
CONDANNA DELLA CHIESA. In Bangladesh è soprattutto la Chiesa cattolica ad aver condannato il brutale assassinio. Gervas Rozario, vescovo di Rajshahi e presidente della commissione episcopale Giustizia e pace, ha dichiarato ad AsiaNews: «Ogni vita umana è sacra e va preservata. La Chiesa cattolica di certo non approva i comportamenti Lgbt, ma allo stesso tempo condanna con la maggiore forza possibile l’orribile omicidio di due esponenti di quella comunità».
GOVERNO IN SILENZIO. Per non esporsi troppo, vista la sensibilità del caso, il governo ha evitato di commentare l’omicidio. E la Chiesa l’ha fortemente criticato: «Il governo ha fallito dal punto di vista morale, perché è il governo che dovrebbe assicurare la sicurezza di ogni cittadino a prescindere dal suo modo di vivere. Se omicidi del genere passano nel silenzio, allora a perdere più di tutti è proprio il governo. La polizia deve preservare i cittadini, senza pregiudizi religiosi o politici», continua il vescovo.
SICUREZZA E ISLAM. Un’amica delle vittime, Rosaline Costa, ha aggiunto: «Mi chiedo se il governo intenda portare i colpevoli davanti alla giustizia. Sono una minaccia per tutti noi, persino per i vertici dell’esecutivo: se pensano di essere al sicuro, sbagliano. Non si possono fare compromessi sulla sicurezza in nome dell’islam, basta compromessi con i partiti islamici».