Che pace ingiusta
A immaginarlo quasi mi vergogno: il mondo sta esplodendo, e tu vorresti chiuderti qui, in una vecchia casa nel Monferrato, ad aspettare i rondoni
Marina Corradi. Professionista dal 1983. La Notte, Repubblica, Avvenire come inviato e oggi editorialista. Libri, fra cui Innanzitutto uomini (San Paolo); Con occhi di bambina (Marietti); L’ombra della madre (Marsilio); Figli dei figli e L'anno che verrà (Itaca). Cercando un tetto a dio, dramma teatrale su Etty Hillesum. Premi, fra cui Premiolino, Saint Vincent, Ucsi
A immaginarlo quasi mi vergogno: il mondo sta esplodendo, e tu vorresti chiuderti qui, in una vecchia casa nel Monferrato, ad aspettare i rondoni
I cortili, le ringhiere col bucato steso: nulla è rimasto. Tutto ora è acciaio e cristallo sotto le vette di grattacieli orgogliosi come guglie di un altro duomo
Ho tante cose da dirti, da domandarti. Una sola domanda non è più necessaria: ci sei? Mi senti? Tu eri, tu sei sempre rimasta con me. «In vivis tu»
È lui, l’amico più grande della mia vita, che se ne va per i pascoli dell’Alpe di Siusi. Una foto accende la memoria di quell’estate, e vedo come fosse ora
Che freddo quella notte sul Sinai, e che inammissibile voglia di inginocchiarmi. Perché sotto a un simile cielo, mi dissi, tutto poteva essere accaduto
Vanno, quei nostri figli, in silenzio tra i campi della Bassa. Ma il loro non è un camminare soltanto, è un andare “verso” qualcuno
Quanto lo ami, l’inganno buono del sole che di nuovo sorge. O forse che quel meraviglioso orizzonte purpureo sia l’unica cosa vera?
Sono certa che mi stai dicendo qualcosa, ma non capisco bene. Deve avere a che fare con tanto dolore visto, tramutato in roccia
Guardo di spalle mia figlia all’altare, diritta, certa. Sussulto all’affacciarsi di un pensiero dagli abissi. Una sera d’autunno, 26 anni fa
La frana incombe sulla cascina. Ida non può uscire. Ma nemmeno vuole, in realtà. Non pensa ad andarsene: fra quelle stanze c’è tutta la sua vita
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