Amnesty esulta ma grazie ai giudici l’emergenza “campi nomadi” resta, i soldi no

Di Rodolfo Casadei
22 Novembre 2011
I giudici sanciscono che il decreto del maggio 2008 del governo Berlusconi è illegittimo perché non sussiste una vera e propria emergenza "campi nomadi". L'ideologica Amnesty esulta, accusando il passato governo di discriminazione, ma non si rende conto che i fondi stanziati dal governo per le esigenze dei nomadi ora scompariranno

Non c’è nessuna emergenza: vivere in mezzo ai topi è una cosa ordinaria, così come essere esposti agli incendi delle stufette elettriche o a gas. Non è emergenza l’assenza di servizi igienici, di acqua corrente e di fogne. Il Consiglio di Stato ha annullato il decreto del maggio 2008 con cui il governo Berlusconi aveva istituito i commissari all’emergenza campi nomadi, dotati di poteri straordinari, nella persona dei prefetti. Esultano talune “consulte rom”, esulta soprattutto Amnesty International, che per bocca della sua direttrice del Programma Europa e Asia centrale Nicola Duckworth dichiara: «Il governo italiano ha ora la responsabilità di fornire rimedi effettivi a tutte le famiglie rom che hanno subìto sgomberi forzati e altre gravi violazioni dei diritti umani durante l’emergenza nomadi. L’emergenza nomadi ha esposto migliaia di rom a violazioni dei diritti umani e ha aggravato la discriminazione nei loro confronti. Il nuovo governo italiano deve porre fine a politiche e pratiche discriminatorie che colpiscono persone rom da anni».

In realtà, la sentenza del Consiglio di Stato ha sancito che il decreto era illegittimo perché non sussisterebbe una vera e propria emergenza, ma non che fosse discriminatorio. Fra l’altro nel decreto del governo la parola “rom” nemmeno compare (giustamente), si parla di nomadi in senso generico. Avvocati e attivisti del nomadismo senza regole che già si fregavano le mani in vista di centinaia di cause con richiesta di indennizzi dovranno rientrare nei ranghi. Occupare abusivamente un terreno con le proprie roulotte, costruire edifici abusivi, creare un rischio igienico per un quartiere e per le persone del campo nomadi a cominciare dai più piccoli non dovrebbe – si spera – diventare un motivo per chiedere i danni alle autorità pubbliche che avevano posto fine a tutto questo. Amnesty fa disinformazione pura e semplice quando, sin dal titolo del suo comunicato (“Italia: decreti che discriminano i rom sono stati giudicati illegittimi”), vuole far credere che la sentenza del Consiglio di Stato abbia accertato delle discriminazioni.

Ma c’è un altro aspetto che la più astratta e ideologica delle organizzazioni di difesa dei diritti umani sembra ignorare: che con la decadenza del decreto decadono anche le risorse – milioni di euro – destinate a venire incontro alle esigenze abitative, igieniche, di inserimento, ecc. dei nomadi. Lo ammettono esponenti di giunte comunali di sinistra non sospettabili del razzismo di cui Amnesty accusa le autorità italiane del vecchio governo. «Sono preoccupato che vengano meno le risorse per la mediazione sociale e gli interventi per i bambini, non vorrei che il paradosso fosse una nuova illegalità», ha detto l’assessore milanese alle Politiche sociali Piefrancesco Majorino. Il pacchetto Maroni «non prevedeva solo sgomberi e messa in sicurezza dei campi, ma destinava una parte delle risorse per azioni sociali». E a Torino
 l’assessore alla polizia municipale Giuliana Tedesco commenta preoccupata: «Le risorse arriveranno comunque? Non è un problema di poco conto. Qualsiasi politica va finanziata. Il Comune farà di certo la propria parte, ma deve capire come» aggiunge l’assessore Tedesco. E quella alle Politiche sociali: «Devo ancora approfondire il contenuto della sentenza, sarà necessario valutare la portata del provvedimento. Fino a questo momento, avevamo come riferimento il prefetto in qualità di commissario straordinario all’emergenza. Qualsiasi cambiamento avrà effetti a catena».

Insomma, si va verso la paralisi delle iniziative di integrazione, l’azzeramento o comunque un fortissimo rallentamento di qualsiasi politica di riqualificazione dei campi rom e forse una nuova esplosione di insediamenti abusivi. Si fa presto a dire che le risorse previste dal decreto devono restare disponibili: bisogna comunque farle transitare per la via ordinaria, e con un nuovo governo e i problemi legati alla crisi finanziaria si fa presto a immaginare i tempi. La differenza fra un decreto e un intervento ordinario è la stessa che esiste fra un’autostrada e una stradina provinciale come vie di comunicazione: se si opta per la seconda al posto della prima, non ci si può poi lamentare se si arriva molto più tardi. Nel frattempo si ammaleranno tanti bambini dei campi nomadi, qualcuno morirà tragicamente in un incendio o per il freddo, i reati contro il patrimonio aumenteranno e nella popolazione delle nostre città probabilmente sorgeranno sentimenti di insofferenza verso i residenti dei campi. Ma volete mettere la soddisfazione di Amnesty International, della Consulta rom di Milano, ecc. che hanno visto cassare il decreto “contro i rom”? I princìpi sono salvi, pazienza se le persone concrete ci rimettono qualcosa.

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