Attenzione, i bianchi sono più volemose bene con i bianchi, i neri sono più volemose bene con i neri e con Allah non si scherza un corno. Qualche giorno fa lo youtuber Kiko.Co – dopo essersi cimentato in video come “Omofobia” (registrando i commenti delle persone davanti a due maschi che pomiciano duro tra la folla) o “Ipocrisia” (travestito da bisognoso a cui non tutti i passanti elargiscono i 5 euro ricevuti dai suoi complici per promuovere una giornata contro la povertà) –, ha condotto un nuovo esperimento sociale a Milano. Fingendo di avere il cellulare scarico, lui e un complice di colore hanno iniziato a fermare i passanti chiedendo loro: “Mi presti il telefonino? Devo fare urgentemente una chiamata”. Morale? La spiega Repubblica rilanciando il video: «Il risultato fa riflettere: ragazzi bianchi si rifiutano di consegnare il proprio smartphone ai neri, ma succede anche il contrario». Urca.
Sempre qualche giorno fa il Regno Unito ha negato il visto di ingresso alla giornalista canadese ultraconservatrice Lauren Southern dopo che a febbraio, sempre per un esperimento sociale, aveva distribuito a Luton, abitata da moltissimi musulmani, “materiale razzista”. Southern voleva scoprire quale sarebbe stata la reazione degli islamici se avesse rifatto il verso a un articolo pubblicato su Vice dal titolo “Was Jesus Gay?”, quindi si è messa a distribuire volantini che recitavano “Allah è gay, Allah è trans*, Allah è lesbica, Allah è intersessuale, Allah è femminista, Allah è queer, Allah è tutti noi”. Morale? Volantini confiscati, fermo a Calais, interrogatorio, ingresso negato in quanto persona “minaccia per il bene pubblico” e commento della giornalista: «Non pensavo che dire che “Allah è gay” rientrasse nelle affermazioni razziste». Urca urca.
Qualsiasi cosa tu faccia o non faccia pesterai una bovazza
Lo avevamo già scritto lo scorso anno, dopo l’esperimento sociale contro il cyberbullismo #leparolefannomale lanciato da Vox-Osservatorio Italiano sui Diritti (va da sé, sostenuto da Laura Boldrini), quando gli studenti dell’Università Cattolica, per testare il livello di reattività alle «parole dell’odio», si erano incappucciati e seduti nelle piazze di Milano, Roma e Torino con i cartelli “Donne siete tutte troie”, “I froci non sono veri uomini”, “Facce da scimmia fuori dall’Italia”, “Sporchi ebrei tornate nel ghetto”, «e abbiamo raccolto solo indifferenza»: questa della società che deve vivere la vita in uno stato di colpa perenne decretato dai pm della rete sta diventando fastidiosa quanto la pretesa che la statura morale di un popolo vada giudicata in base a un parametro peraltro stabilito dalla rete stessa, la reazione. Se non reagisci alla possibilità di non dirti intollerante sei un intollerante, se sei bianco e non presti il cellulare a un nero sei un intollerante, se sei un nero e non lo presti a un bianco fai riflettere. Se invece dici che Allah è un campione di tolleranza pesti sempre e comunque una bovazza.
E invece, invece a tutti gli “esticazzi” del caso, abbiamo preferito promuovere l’esperimento sociale al rango di prova prima della stessa esistenza sociale, e solo per il gusto di farci la paternale sopra. Una volta si sarebbe chiamata scoperta dell’acqua calda, constatare che la gente non ha bisogno di litigare con un cretino con un cartello per non dirsi complice delle sue parole, che ognuno si fa più prossimo verso chi ritiene più simile a sé, che a riflettori spenti, a social staccati, per strada, chiunque decide un po’ come diavolo gli pare a chi dare il cellulare senza conformarsi ai messaggi a reti unificate. Si sarebbe chiamata scoperta dell’acqua anche dire che puoi applicare provocazioni gay-friendly al dio dei bigottissimi cristiani, ma non a quello dei suscettibilissimi islamici – sì, perché si è ovviamente razzisti in base alla tendenza e non in senso assoluto, e sempre in base a una reazione: quella islamica, ma anche quella degli occidentali col cerino acceso appena sentono puzza di islamofobia. Ma, evidentemente, la scoperta dell’acqua calda, in certi ambienti tutti “urca” e paternali, è ancora da venire.