Per bocca di un suo illustre collaboratore, l’ex magistrato Bruno Tinti, il Fatto quotidiano è tornato a ribadire il proprio diritto di pubblicare «ogni intercettazione di cui venga in possesso» (Fq, 19 luglio). Una bella trovata. Però, stampi un giornale di veline giudiziarie, ti vanti di rappresentare la “legge uguale per tutti” e ti chiami fuori, riservandoti il diritto di violarla perché ti senti lo spazzino morale del mondo e in missione per conto del Padreterno? In effetti il ragionamento del quotidiano di Padellaro non fa una piega. Chiama “interesse pubblico” la gogna. Si industria ad aggirare l’articolo 15 della Costituzione sulla libertà e segretezza delle comunicazioni sofisticheggiando sulle nuove regole dettate dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo.
E, dulcis in fundo, si spinge a equiparare l’atto di pietà umana di Antigone, che sfidando le leggi dello Stato dà degna sepoltura a Eteocle, all’atto di sputtanamento di chicchessia (il Fq li chiama “i potenti” essendo quelli del Fq notoriamente “i deboli”). Ma che bravi questi rivoluzionari orwelliani. E infatti, nella nuova versione della famosa allegoria dello stalinismo, la storia della rivoluzione egualitaria e legalitaria accarezzata dai Tinti&C. potrebbe ben concludersi così: dopo aver intercettato e sputtanato gli altri animali della fattoria, i porcellini puliti vanno al potere, fondano la democrazia della legalità e delle intercettazioni uguali per tutti. Eccetto che per i porcellini puliti che, orwellianamente, sono i più uguali di tutti.