«A Letta le paritarie chiederanno anche la detraibilità delle rette: chi manda i figli da noi, paga la scuola due volte»
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Anche la Tari, la nuova tassa sui rifiuti che sostituirà la Tares a partire da quest’anno, penalizzerà le scuole paritarie rispetto a quelle statali, proprio come il balzello che l’ha preceduta. La deroga, infatti, ormai in vigore da alcuni anni, che prevede che le istituzioni scolastiche paghino la tassa sui rifiuti in relazione al numero degli alunni accolti e non in base ai metri quadrati dei locali occupati – una misura che consente di risparmiare fino al 50 per cento del costo della tassa –, se il governo non dovesse intervenire, varrà solamente per le scuole statali e non per quelle paritarie (eccezion fatta per le paritarie comunali). E questo nonostante gli istituti statali e quelli paritari, come stabilito dalla legge Berlinguer, facciano entrambi parte a pieno titolo del medesimo sistema nazionale di istruzione pubblica e dovrebbero, pertanto, godere di una effettiva parità di trattamento da parte dello Stato. Anche e soprattutto da un punto vista fiscale.
A spiegare a tempi.it i problemi delle paritarie legate al pagamento della Tari, ma anche dell’Imu e più in generale alla disparità di trattamento in relazione alle modalità di tassazione delle spese delle famiglie italiane che mandano i figli alle paritarie rispetto a quelle che li mandano alle statali, è Marco Masi, presidente Cdo Opere Educative, che in questi giorni sarà a Roma per sottoporli al governo Letta in occasione delle consultazioni per il patto di coalizione che dovrebbe garantire il prosieguo della vita all’esecutivo.
Presidente Masi, perché questa ennesima disparità di trattamento tra alunni delle scuole statali e alunni delle paritarie?
La Legge di stabilità 2014 conferma la deroga di cui sopra (articolo 1, commi 652 e 655 della Legge 147/2013), che consente alle scuole di risparmiare sulla Tari. Peccato, però, che, mentre la legge in questione parla di «istituzioni scolastiche» senza specificare ulteriori aggettivi, la norma cui essa rinvia (articolo 33 bis del dl 248/2007) si riferisce espressamente solo alle scuole statali. Noi, invece, chiediamo che la deroga venga estesa anche alle scuole paritarie, come, peraltro, già avviene in alcuni comuni d’Italia, per esempio a Bologna. Ad oggi, inoltre, ancora non si sa se l’esenzione dal pagamento dell’Imu per le scuole paritarie sarà garantita come lo è per le scuole statali: mancano ancora, infatti, le necessarie disposizioni attuative ed è già più di un anno che le stiamo aspettando.
Almeno è stato garantito il fondo da 500 milioni di euro per le paritarie per l’anno 2013 e il 2014. Non basta?
È vero, anche se sono solo 494 milioni e non più 530 come erano inizialmente… Ad ogni modo noi chiediamo che il fondo venga “stabilizzato” e cioè che la sua erogazione non venga più decisa anno per anno ma attraverso stanziamenti triennali da parte del ministero dell’Istruzione. Questo permetterebbe alle scuole di avere la certezza delle risorse e di pianificare per tempo le loro attività. È necessario, inoltre, velocizzare le procedure, sburocratizzando un sistema che, purtroppo, è ancora troppo farraginoso: tanto per dare un’idea, ad oggi gli istituti hanno ricevuto solamente il 50 per cento delle risorse relative all’anno scolastico 2012/2013.
In Italia permane l’anomalia per cui chi decide di mandare un figlio alla scuola paritaria deve pagare due volte, la prima con le tasse e la seconda con la retta. Qual è la vostra proposta in merito?
Noi chiediamo al governo di introdurre la detraibilità dalle imposte per le spese sostenute per le rette scolastiche da parte delle famiglie che mandano i figli nelle scuole paritarie lungo tutto il ciclo formativo. Si potrebbe, per esempio, garantire la detraibilità del 19 per cento delle spese sostenute fino a un tetto massimo di almeno 2 mila euro l’anno. Sarebbe una misura nella direzione di una effettiva parità di trattamento da parte dello Stato nei confronti dei cittadini. L’importante è che si tratti di spese per l’effettiva frequenza scolastica e non per la mensa, il trasporto o un’attività di doposcuola.
Andrea Ichino e Guido Tabellini hanno proposto di liberare la scuola dallo Stato, dandola in mano a comitati di genitori ed insegnanti. La loro idea è quella di favorire la creazione di istituti autonomi nella gestione delle risorse umane e dell’offerta formativa, ma finanziati dalle casse pubblice. Cosa ne pensa?
Siamo da sempre grandi tifosi dell’autonomia scolastica e crediamo che la scuola statale ne abbia davvero bisogno. Sarebbe un bene che venisse introdotta nel nostro sistema, sia per gli alunni degli istituti statali, sia per la scuola paritaria. Maggiore autonomia, infatti, andrebbe a beneficio anche della parità scolastica.
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9 commenti
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Liberare la scuola dallo stato. Più società meno stato, il problema è lo statalismo, non il comunismo o il fascismo. La gestione della scuola va data a chi la usa. Abbiamo avuto ministri di tutte le tendeze,ma il problema non l’abbiamo risolto. E’ dura la situazione, ma deve cambiare. Forza e coraggio e basta contentini, è da 50 anni e più che li danno. Leo Aletti
Lo stato italiano dovrebbe smettere di occuparsi di pubblica istruzione e di sanità.
Non ne è capace
Caro moderatore se elimini i commenti di chi non la pensa come noi non c,è discussione non c’è dialogo infatti ci sono commenti di risposta ad Aldo ma se eliminate il suo commento noi parliamo al vento.
Grazie
Se cambio le finestre detraggo il 65%, se dono al partito 37%, se istruisco mio figlio 0%. Che futuro ha il paese?
aldo. pensa ai tuoi parassiti che hanno infiltrato ogni sottoscala della scuola e che la fanno assomigliare a un bunker. la guerra è finita da 60 anni, esci a respirare un po’ di aria libera. rilassati.
Attenzione la proposta di detrazione del 19 % e il relativo massimo dovrebbe perlomeno essere messa in relazione al n dei figli
Attenzione la proposta di detrazione del 19 % e il relativo massimo dovrebbe perlomeno essere parametrata al n dei figli