«A fronte di una pressione fiscale che ha raggiunto il 55% (e oltre), è facile scommettere che quello fiscale sarà l’argomento che più terrà banco» nella prossima campagna elettorale dei partiti. Lo scrive oggi Angelo Panebianco (nella foto) sul Corriere della Sera, avvertendo: «Nella schiacciante maggioranza dei casi si tratterà di bluff o di promesse da marinaio. Come riconoscere i bluff? Ci sono, sostanzialmente, due modi per bluffare in maniera di tasse. Il primo è proprio di coloro che promettono drastiche riduzioni della pressione fiscale senza spiegare dove troveranno le risorse necessarie».
Il secondo modo, continua Panebianco nel suo editoriale, «è più sottile, più subdolo: è proprio di coloro che attribuiscono la responsabilità dell’elevata tassazione vigente all’eccesso di evasione fiscale, e, per conseguenza, promettono di colpire gli evasori fiscali al fine di ridurre le tasse». La tesi secondo cui per ridurre il carico fiscale bisogna prima stanare gli evasori, insiste Panebianco, è condivisa da molti «ma è falsa. È vero infatti l’esatto contrario. Per contrastare, come è doveroso fare, l’evasione fiscale, non basta, anche se è ovviamente necessario, usare gli strumenti repressivi: bisogna anche ridurre in modo cospicuo le tasse. Soltanto una riduzione della pressione fiscale, infatti, può spingere l’evasore, o il potenziale evasore, a rifare il calcolo delle proprie convenienze, a cambiare la propria valutazione dei vantaggi e di rischi dell’evasione».
A riprova di questo, fa notare, l’evasione aumenta sempre quando aumentano le tasse. Ma puntare tutto sull’evasione ha anche un altro difetto: distoglie «lo sguardo dalla principale causa del regime di tasse alte: la presenza di un amplissimo stuolo di rent-seekers, di cercatori e percettori di rendite che campano di spesa pubblica, che prosperano grazie a un sistema pubblico che combina alti costi di mantenimento e, soprattutto in certe zone del Paese, l’erogazione di servizi scadenti. È lì che si annidano i più strenui difensori del regime di tasse alte».
Il modo migliore per contrastare l’evasione fiscale è quindi «contrarre la spesa pubblica» anche se difficile perché «i percettori di rendita da spesa pubblica sono numerosissimi, e ciò li rende assai potenti, sanno come ricattare elettoralmente i partiti, tutti i partiti. Conclude Panebianco: «Ci sono coloro che, scambiando il sintomo con la causa, sono convinti che a provocare le guerre siano i mercanti d’armi (…). Allo stesso modo, ci sono coloro che non comprendono, o fingono di non comprendere, che l’evasione fiscale è un deprecabile effetto, ma non la causa, delle tasse alte. Converrà guardarsi da costoro nella prossima campagna elettorale».