Don Maurizio Patriciello svela un periferico ma eloquente retroscena del nuovo Vatileaks che sta intorbidendo le acque intorno all’amministrazione delle risorse economiche e finanziarie della Chiesa. Si tratta di un “documento inedito esclusivo”, o meglio un “colloquio riservato”, che sarebbe dovuto rimanere segreto e invece – ironia della sorte – esce allo scoperto per suggerisce qualcosina sui reali moventi che si celano dietro l’ennesima fuga di notizie cominciata dagli uffici della Santa Sede e terminata in libreria.
UN SMS. In una lettera inviata ad Avvenire e pubblicata oggi dal quotidiano della Cei (con risposta del direttore Marco Tarquinio, ndr), il parroco di Caivano (Na) divenuto celebre su giornali e tv come “il prete della terra dei fuochi” racconta di aver ricevuto un paio di settimane fa (per l’esattezza lunedì 12 ottobre) un sms «da un numero sconosciuto». Recitava il messaggino: «Buongiorno, don Maurizio, sono Gianluigi Nuzzi, scrittore e conduttore di Quartogrado su Rete4. Volevo chiamarla per parlarle brevemente di una cosa. Quando posso disturbarla? Grazie. A presto».
«SERVI DELLA VERITÀ». Cortesemente, don Patriciello decide di chiamare direttamente il giornalista. E al telefono Nuzzi, ricorda il sacerdote, «mi chiede se ho avuto modo di leggere qualche suo libro. Risposta affermativa. Aggiungo che non sono di quelli che a tutti i costi vogliono difendere chi si è reso colpevole di scandali e abusi nella Chiesa. Siamo servi della verità non della menzogna. Nuzzi mi propone di essere accanto a lui a Roma il giorno 9 novembre 2015 quando in una “importantissima conferenza stampa” presenterà il suo ultimo libro». Si tratta, ovviamente, di Via Crucis, il libro di prossima uscita in cui il cronista di Mediaset pretende di smascherare “da registrazioni e documenti inediti la difficile lotta di papa Francesco per cambiare la Chiesa”, per dirla con il sottotitolo. Insomma uno dei due volumi che secondo le ricostruzioni degli investigatori del Vaticano sarebbero frutto delle trame dei presunti “corvi”.
«L’EDITORE NON È D’ACCORDO». Continua il “prete antiroghi”: «”Perché mai avrà pensato a me?”, mi domando. Gli chiedo, allora, di inviarmi subito il libro per poterlo leggere e meditare con serenità per poi decidere di conseguenza. Nuzzi si segna il mio indirizzo e-mail e ci salutiamo. Dopo qualche giorno ritelefona. Comprendo subito che ha difficoltà a mandarmi il libro, per cui senza perdere tempo gli dico: “Gianluigi, guarda che stai parlando con una persona seria…”. Il libro non arriva. Ancora qualche giorno e richiama: “L’editore – dice – non è d’accordo sull’invio”».
LA “SPIEGAZIONE”. Il parroco di Caivano a questo punto darebbe per seppellita la cosa. Invece Nuzzi non ha intenzione di rinunciare a un possibile testimonial così prezioso: «Mi propone di venire a Napoli personalmente per “spiegarmi” il libro», scrive don Patriciello. Il sacerdote, «basito», si trova a dover ricordare al celebre giornalista che «un libro si legge e non si spiega». Glielo dice, eppure l’interlocutore «insiste». Nella visione di Nuzzi, il prete della terra dei fuochi avrebbe dovuto accettare di «commentare il libro in una “conferenza stampa internazionale”» fidandosi ciecamente di «quella “spiegazione”». Tocca di nuovo al don, dunque, ricordare al famoso cronista le regole base della comunicazione: «Posso eventualmente parlare solo di ciò che conosco».
UNA SENSAZIONE. La vicenda si chiude nel più meschino dei modi. Conclude Patriciello: «Nuzzi annota di nuovo il mio indirizzo promettendo di inviarmi il libro. Il libro non è mai arrivato. E lo scrittore non si è fatto più sentire. Sono rimasto con la sensazione che volesse tirarmi un tiro mancino. Da questi strani modi di fare, naturalmente, sono distante mille miglia. Forse Nuzzi non poteva immaginarlo». O forse Nuzzi poteva immaginarlo benissimo, osserva il direttore di Avvenire rispondendo alla lettera, «ma ci ha provato ugualmente».
UN TESTIMONIAL “DOC”. «Da professionista capace e meticoloso qual è», prosegue Tarquinio, «è evidente, infatti, che il giornalista-scrittore avrebbe tutto l’interesse a sbandierare anche testimonial “doc” in tonaca o in clergyman. Buoni sacerdoti allineati dietro un tavolo o in prima fila a una conferenza stampa gli risulterebbero utilissimi per accreditare l’idea che la sua non sarebbe ciò che purtroppo è: un’operazione mediatica tecnicamente ben congegnata e però in sé opaca e segnata da profili morali assai discutibili. “Presentatori” così gli sembrano indispensabili per continuare a sostenere, con qualche speranza di essere creduto, che il suo nuovo libro – già tradotto in diverse lingue e destinato ad almeno 19 diversi mercati editoriali – non è prima di tutto un affare e un attacco alla Chiesa, ma un’opera buona a sostegno della persona del Papa».
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