Si è aperta ieri una nuova frattura nella maggioranza di governo, e il motivo è ancora una volta il ddl sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Innervosito dalla pioggia di emendamenti che ha rallentato il percorso in commissione del testo firmato dalla senatrice Monica Cirinnà (l’ultimo dei quali, proposto proprio due giorni fa da Alleanza popolare, Forza Italia e Lega, era inteso a rendere la pratica dell’utero in affitto un “reato universale”, e cioè perseguibile in Italia a prescindere dal paese in cui sia stato perpetrato), il Pd ha deciso di forzare la mano presentando un nuovo testo. In questo modo il disegno di legge salta l’iter regolare, che prevede il suo esame in commissione, per essere sottoposto direttamente al voto dell’aula di Palazzo Madama il prima possibile. «Significa che tutto quanto fatto fin ora è stato azzerato e questo apre un problema rispetto al nostro rapporto con il governo. Credo che Ncd dovrebbe discutere questo nuovo scenario», spiega la deputata Eugenia Roccella a tempi.it.
IL CONTENUTO. Area popolare (Ap) ha infatti presentato centinaia di emendamenti su cui il governo però non ha preso posizione, rimettendosi alla commissione: «Significa che considera le proposte del suo alleato meno che zero. Si può andare avanti così?», domanda Roccella. Sempre dalle file di Ncd, il senatore Maurizio Sacconi aggiunge che per quanto riguarda il nuovo testo non «c’è alcun cambiamento sostanziale rispetto al ddl Cirinnà». Si parla di «formazioni sociali» riferendosi all’articolo 2 della Costituzione anziché al 29, che riguarda invece la famiglia, «ma poi il regime disciplinare riproduce quello dell’istituto matrimoniale: significa, ad esempio, che si adotta lo stesso rito del matrimonio civile». Si ammette poi che le persone che contraggono l’unione possano assumere lo stesso cognome, «sono previste addirittura le stesse regole che si applicano agli impedimenti e alle cause di nullità matrimoniale». Resta anche la pensione di reversibilità, molto discussa in quanto prevede un onere non indifferente per lo Stato. «E non dimentichiamo l’obbligo da parte dell’Italia di riconoscere le unioni fra persone dello stesso sesso contratte all’estero», anche laddove il cosiddetto “matrimonio per tutti” è legale, aggiunge Sacconi.
IL VERO OBIETTIVO. Secondo il senatore è evidente il fine del ddl, dato che «poi ci vorrà poco perché questo istituto sia riconosciuto dal giudice italiano o europeo come matrimonio. E sarà facilissimo dedurne le adozioni per via giurisprudenziale». Sacconi sottolinea che anche l’articolo nel nuovo testo relativo alla “stepchild adoption”, ovvero la possibilità di adottare il figlio del partner, «al contrario di quanto annunciato, legittima ancora la pratica dell’utero in affitto». Non a caso, fa notare Eugenia Roccella, anche l’ultima richiesta avanzata da Ap, l’emendamento contro l’utero in affitto che schiavizza donne e bambini, è stata completamente ignorata dalla maggioranza di cui Ncd fa parte. Ma secondo Sacconi «il problema non divide solo la maggioranza, bensì la nazione intera e nel sistema politico Forza Italia, la Lega e lo stesso Pd. Ncd è l’unico partito ufficialmente contrario genitorialità da parte di persone dello stesso sesso». Il Pd comunque, insiste il senatore, «non ha cambiato posizione, ma ha mantenuto quale scopo del ddl sulle unioni l’adozione delle coppie dello stesso sesso, incluso l’utero in affitto, senza disponibilità a rinunciarvi per una legge condivisa».
I PROSSIMI PASSI. Il partito alleato di Renzi auspica quindi l’elaborazione di un altro testo, che non preveda per le coppie gay alcun istituto di adozione. Anche Maurizio Lupi, capogruppo di Ap alla Camera, ha risposto alla forzatura del Pd proponendo di «fare insieme una buona legge». Ma il riconoscimento delle unioni omosessuali non rappresenta di per sé il rischio di produrre un “risultato irlandese” anche senza riferimenti espliciti al matrimonio e senza adozione? «Ora critico questo testo di legge e combatto contro l’adozione che è il vero scopo del ddl Cirinnà e di quest’ultimo provvedimento», risponde Sacconi. Per quanto riguarda il passo successivo, «faremo in modo che la legge sia calendarizzata dopo la legge di stabilità e nel frattempo auspichiamo che il Parlamento sia legittimamente influenzato da una grande mobilitazione popolare, ancor maggiore di quella di piazza San Giovanni».
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