Ieri in commissione Giustizia del Senato il controverso ddl sulle unioni civili gay sostenuto dal governo Renzi è stato modificato con una nuova formulazione della premessa dell’articolo 1 che secondo la relatrice Monica Cirinnà rappresenta «un segno di disponibilità e dialogo che speriamo venga accolto da coloro che si ostinano in un atteggiamento ostruzionistico volto ad allungare i tempi». La novità consiste nel fatto che l’unione civile non è più un «istituto giuridico originario», ma una «specifica formazione sociale».
OK DAI CATTOLICI PD. «Le disposizioni del presente titolo istituiscono l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale», recita per l’esattezza l’emendamento. La correzione, spiega il Corriere della Sera, «fuga i dubbi dell’ala cattolica del Pd, che vedeva il testo della senatrice Monica Cirinnà troppo simile a quello civile sul matrimonio». Infatti la nuova formulazione è passata con il voto favorevole dei democratici e dei grillini. Peccato che i dubbi di chi vede nel testo in discussione una indebita equiparazione di fatto tra la nuova «formazione sociale» e il matrimonio rimangano intatti.
«CHIUSURA A TUTTI I LIVELLI». L’emendamento è solo «patetica foglia di fico, sotto la quale qualcuno forse pensa di nascondersi fingendo di aver difeso i princìpi in cui dice di credere», commenta per esempio il senatore di Forza Italia Lucio Malan, da sempre tra i più convinti oppositori del ddl. La modifica, spiega Malan, «potrebbe avere un senso solo se il provvedimento venisse radicalmente cambiato, cosa sulla quale c’è chiusura a tutti i livelli, dalla relatrice Cirinnà, al ministro Boschi, che ritengono irrinunciabile la cosiddetta “stepchild adoption”, cioè l’adozione con utero in affitto e la sostanziale equiparazione al matrimonio». «Non ha alcun senso – prosegue il senatore forzista – tentare di far capire che l’istituto sia diverso dal matrimonio e poi attribuirgli tutte le prerogative del matrimonio, con la sola, inutile, eccezione dell’adozione di bambini esterni alla coppia, in sé meno devastante di quella che il testo Cirinnà vuole permettere, la quale comporta nella quasi totalità dei casi la pratica dell’utero in affitto, la mercificazione della donna e del bambino e lo stravolgimento del concetto di genitore e di sesso, in applicazione dei dettami dell’ideologia gender».
L’ASTENSIONE DEI CENTRISTI. Insomma – è l’obiezione principale –i continui richiami presenti nel testo alla legislazione relativa al matrimonio costituzionale di fatto rischiano di annullare l’effetto della distinzione introdotta con la modifica di ieri. Per rimarcare in qualche modo la propria contrarietà, i centristi di Ap, alleati del governo, si sono astenuti. Il Corriere riporta le spiegazioni di Nico D’Ascola, che definisce l’astensione come «un dato dimostrativo di un atteggiamento diverso dalla contrarietà». Nel merito delle obiezioni, D’Ascola dice: «”Specifica formazione” è un’ espressione che sta nel linguaggio della sentenza della Corte costituzionale», ma non è sufficiente inserire questa «formulazione chiara» per diradare le perplessità, dal momento che «il resto del testo, fin dalle modalità di celebrazione e di scioglimento dell’unione, è una sovrapposizione col matrimonio. Sarà così impossibile impedire le adozioni». Per non parlare della reversibilità della pensione, con tutti i costi che questo “diritto” rischia di rappresentare per i contribuenti.
VERSO L’UTERO IN AFFITTO. Riguardo alla disputa su “stepchild adoption” e conseguetente implicita apertura all’utero in affitto, il Corriere aggiunge una interessante sintesi delle posizioni: «La legge 40 sulla fecondazione assistita – scrive la cronista Melania Di Giacomo – vieta e sanziona la maternità surrogata, e la Cirinnà ha più volte ribadito che il testo in esame in nessun modo la consente. Ma Ncd ribatte che il divieto è facilmente aggirabile, concependo il bambino in Paesi dove è prevista dalla legge. In questi casi dovrebbero essere i giudici a esprimersi. E in ambito civile una sentenza della Cassazione dello scorso novembre ha chiuso le porte alla maternità surrogata condotta all’ estero dichiarando, anzi, lo “stato di adottabilità” di un bimbo nato in Ucraina grazie ad un accordo con tra la madre biologica e genitori che non potevano avere figli. Ma D’ Ascola cita sentenze di merito di segno opposto in ambito penale, per cui “bisognerebbe introdurre una disposizione che estenda la legge 40 anche ai fatti commessi all’estero”. E questo potrebbe essere il punto di caduta di una mediazione».
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