La mitica festa di san Patrizio – quella delle celeberrime parate di gente in tenuta “irlandese” e ricoperta di quadrifogli lungo le strade delle grandi città americane, immortalate in passato anche da innumerevoli film hollywoodiani – «ieri è stata guastata dai boicottaggi di protesta contro l’esclusione dei gay», scrive Federico Rampini, corrispondente da New York di Repubblica. Si tratta di un fatto clamoroso e inaudito. Non solo perché si sono rifiutati di sfilare «i due sindaci delle due metropoli più irlandesi d’America», ovvero Bill De Blasio e Marty Walsh, primi cittadini rispettivamente di New York e Boston, entrambi democratici. Ma anche e soprattutto per la ritorsione dei grandi sponsor: «Avevano dato forfait per prime le marche Sam Adams e Heineken, ieri nel giorno stesso della festa si è unita al boicottaggio perfino la più celebre birra di Dublino, la Guinness».
L’AFFRONTO. A dirla tutta, gli organizzatori della festa non avevano affatto «escluso i gay», al contrario avevano specificato che i gay sarebbero stati i benvenuti. Quello che avevano chiesto ai partecipanti era semplicemente di non esporre ammennicoli da gay pride o vessilli dell’attivismo Lgbt, il che, di nuovo, oltre a essere una scelta legittima per una festa religiosa, non equivale neanche lontanamente a vietare l’accesso a «i gay». Tuttavia era ovvio che gli “omofobi” irlandesi non l’avrebbero passata liscia, si sa come vanno a finire queste cose, specie quando si mettono di mezzo giornali e tv (do you remember Guido Barilla?). «Nei 253 anni di storia della sfilata newyorchese, un affronto simile non c’era mai stato», sottolinea Rampini. Che poi aggiunge una notazione emblematica: «Ormai neppure una marca di birra dall’immagine “macho” può permettersi di andare controcorrente rispetto all’evoluzione dei costumi in America».
«NO ALL’ESCLUSIONE». Repubblica riprende anche il comunicato della ditta: «Guinness – vi si legge – ha una tradizione di sostegno delle diversità e ha sempre difeso la parità dei diritti. Speravamo che la politica di esclusione sarebbe stata abbandonata nella sfilata di quest’anno. Poiché non è accaduto, Guinness ha deciso di ritirare la propria partecipazione». Notevole in particolare l’uso di termini come “sostegno delle diversità” e “politica di esclusione”.
FURIA MURDOCH. La punizione inflitta dalla Guinness ai marciatori di san Patrizio, però, non ha raccolto il consenso unanime del bel mondo. «Sul versante opposto – informa Rampini – a difendere la scelta degli organizzatori è sceso in campo Rupert Murdoch». Il tycoon australiano dei media, editore tra l’altro di Fox News, Wall Street Journal e New York Post, naturalmente «ultraconservatore» secondo il corrispondente di Repubblica, ha scritto su Twitter: «Dove finirà tutto questo? La Guinness si ritira da una sfilata di ispirazione religiosa, perché intimidita da organizzazioni gay che vorrebbero impadronirsi di questa manifestazione. Spero che tutti gli irlandesi ora boicottino la birra».
I DIVERSI. Il premio per la battuta più simpatica, comunque, va senz’altro all’arcivescovo della Grande Mela, il cardinale Timothy Dolan, che dalla “sua” cattedrale sulla Quinta Strada intitolata proprio a san Patrizio, ha preso indirettamente le difese degli organizzatori della parata (e infatti Rampini ne ha anche per lui, che «nonostante le recenti aperture di papa Francesco», è «rimasto un bastione dell’opposizione cattolica ai matrimoni gay in America»). Nessuna indignazione né anatemi da parte di Dolan, solo un elogio della «diversità di questa grande manifestazione cittadina».