«Il colpo di Stato in Turchia è colpa di cristiani ed ebrei, quella mandria di infedeli». Fin dai giorni successivi al colpo di Stato di luglio questa voce è stata sparsa per tutta la Turchia, in una riedizione in chiave moderna della teoria messa in giro da Nerone quando accusò i cristiani di aver bruciato Roma.
Come facciano gruppi che costituiscono neanche l’1 per cento della popolazione a organizzare un colpo di Stato con esercito e carri armati non è chiaro. Ma la voce è stata presa sul serio visto che alla manifestazione di agosto “Democrazia e martiri”, organizzata per sostenere il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan, leader religiosi islamici hanno accusato apertamente i «crociati, i semi di Bizantino e la mandria di infedeli».
Secondo Rifat Bali, esperto della comunità ebraica in Turchia, l’accusa «non ha alcun senso», dichiara a Voa America, «eppure non mi sorprende. In un ambiente dove le teorie cospirazioniste sono all’ordine del giorno, è normale accusare gli stranieri, come gli Stati Uniti o l’Unione Europea. Ma la diretta conseguenza è che le minoranze religiose ne fanno le spese».
Le minacce da parte di islamisti, forse anche legati allo Stato islamico, sono cresciute di conseguenza. Quindici pastori protestanti «hanno ricevuto minacce di morte sui loro telefonini», rivela Umut Sahin, segretario generale dell’Unione delle chiese protestanti. «Usavano gli stessi termini e argomenti dell’Isis». Alcune comunità religiose hanno addirittura interrotto i servizi domenicali per paura di attacchi. I cristiani «hanno paura, sono nel panico».
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