Anche a Milano l’illegittima trascrizione nei registri comunali dei matrimoni celebrati all’estero tra persone omosessuali sta arrivando al vaglio del controllo di legittimità. L’approssimarsi della scadenza imposta dal prefetto per annullare le trascrizioni sta stringendo il Comune di Milano – come tutti gli altri sindaci “trasgressori” – all’angolo. Ma tra tutte le vie d’uscita che poteva imboccare, Pisapia ha scelto la peggiore in assoluto.
Il sindaco si è rappresentato come una povera vittima, non come paladino di una “battaglia di disobbedienza civile”. Pisapia è giurista troppo fine per scegliere per sé il ruolo di pubblico ufficiale disobbediente (come ha invece fatto Marino a Roma). Il sindaco di Milano, insomma, pensa addirittura di essere “costretto” dalla legge a trascrivere dei matrimoni, forse anche al di là la sua volontà, sarebbe il ministro degli Interni ad ignorare le regole, chiedendo di NON trascrivere nei registri comunali i matrimoni celebrati all’estero; Alfano peraltro – e tutti i prefetti finora coinvolti – si è sempre limitato a richiamare il rispetto della legge.
Peccato quindi che nessuno, all’interno dei pur attrezzati uffici giuridici del Comune, abbia avvisato il primo cittadino di Milano che gli accordi internazionali in materia – approvati e adottati dal nostro Paese – utilizzano un criterio di grande prudenza, secondo cui non esiste l’automatico riconoscimento di un matrimonio celebrato all’estero, ma occorre applicare la legge nazionale in tema di diritto di famiglia. Se la legge italiana non prevede matrimoni tra persone dello stesso sesso – oppure matrimoni poligamici, o ogni altra forma di matrimonio che qualsiasi Paese voglia darsi – il sindaco non può scegliere quali riconoscere e quali no, ma, come pubblico ufficiale, ha anzitutto il compito di far rispettare quella legge. La stessa Unione europea e la Corte europea dei diritti umani hanno chiaramente e stabilmente riconosciuto la potestà e responsabilità delle legislazioni nazionali.
Le questioni, quando ci sono, vanno affrontate e risolte negli ambienti adatti. Si vuole ragionare di unioni civili? Che si faccia in Parlamento discutendo ed approvando leggi, non distorcendo quelle esistenti.
La questione è di una semplicità disarmante. Ed in questo spirito di semplicità ci auguriamo che l’autorità giudiziaria di Milano segua l’esempio di Udine che ha ordinato la cancellazione delle trascrizioni fatte. Così come ci aspettiamo che questo avvenga in tutto il Paese, evitando così una giurisprudenza di famiglia fai-da-te, a cura dei primi cittadini, eletti per fare altro. Ripristinando il rispetto della legge, e custodendo così il prezioso tesoro che è la definizione di famiglia contenuto nella nostra Costituzione.
Al sindaco Pisapia vorremmo piuttosto chiedere, in tema di ingiuste discriminazioni, come intende comportarsi con la beffa delle Cartoniadi, dove una meritoria campagna di educazione al riciclo intelligente dei rifiuti presso tutte le scuole della città riserva i premi di un concorso solo alle scuole statali e a quelle comunali paritarie, escludendo gli studenti delle altre scuole paritarie. Che potranno partecipare alla campagna e al concorso raccogliendo i rifiuti e diventando così cittadini migliori, ma non potranno beneficiare dell’eventuale vincita. Perché escludere gli studenti di una scuola che è a pieno titolo nel sistema pubblico di istruzione, trattando diversamente gli studenti milanesi in funzione del tipo di scuola?
Caro sindaco Pisapia, chi sono a Milano, allora, i “figli di un Dio minore”?
L’autore di questo articolo è presidente del Forum delle associazioni familiari