Erri De Luca non istigò al sabotaggio. Lo scrittore è stato infatti assolto, «perché il fatto non sussiste», nel processo che lo vedeva imputato per questo reato. Un processo che tanto rumore ha fatto, riportando d’attualità la riflessione sul ruolo dei “cattivi maestri”. E la necessità di una condanna penale – e non solo morale e storica – delle loro affermazioni. La tesi della Procura non passa, anche se occorre attendere le motivazioni della sentenza per un’analisi più compiuta. Non c’è correlazione, come invece sostenevano i pm, tra le affermazioni dell’ex capo del servizio d’ordine di Lotta Continua («la Tav va sabotata. I sabotaggi sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile») e l’acuirsi delle azioni contro il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.
LA SUA DICHIARAZIONE. Prima della sentenza De Luca aveva reso in aula una dichiarazione spontanea. «Sarei presente in quest’aula – ha detto, di fatto rivendicando la sua posizione – anche se non fossi io lo scrittore incriminato per istigazione. Aldilà del mio trascurabile caso personale, considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest’aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese. Svolgo l’attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura. Sono incriminato per un articolo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della storia d’Italia. Considero quell’articolo superato dalla successiva stesura della Costituzione della Repubblica. Sono in quest’aula per sapere se quel testo è in vigore e prevalente o se il capo di accusa avrà potere di sospendere e invalidare l’articolo 21 della Costituzione».
L’ASSOLUZIONE. Lo scrittore aveva lamentato, anche, la poca solidarietà degli intellettuali italiani che, a differenza dei francesi, non hanno immediatamente promosso appelli per scongiurare il carcere: è «un’assenza che si nota, si sono presi la responsabilità della loro assenza». De Luca considera gli intellettuali italiani «pavidi e conformisti».
«Oggi torno a essere un cittadino qualunque. È stata impedita un’ingiustizia, quest’aula è un avamposto sul presente prossimo. Scendo dal gradino su cui mio malgrado mi hanno issato. Ma continuerò a usare il vocabolario per esprimere le mie convinzioni. Comunque è una buona notizia per questo paese», queste le parole con cui l’illustre imputato ha accolto la sentenza d’assoluzione.
All’osservatore resta l’impressione che il processo abbia finito per consentire la retorica del “martire della libera espressione”, rischiando di “beatificare” anche le posizioni espresse.
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