Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – E così quest’estate oltre alla crisi greca dei profughi (dirottata sull’Italia) l’Europa si risparmierà anche un’altra crisi greca del debito: l’accordo del 26 maggio fra i creditori della Grecia permetterà di versare ad Atene altri 10,3 miliardi di euro del programma di assistenza in cambio di altre draconiane misure di austerità, e la bancarotta alle viste per il prossimo mese di luglio sarà scongiurata.
Tuttavia si tratta dell’ennesimo accordo che non risolve il problema e che semplicemente rinvia il giorno in cui sarà necessario cancellare gran parte del debito greco oppure dichiarare default. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha cercato di richiamare alla ragione i governi dell’Euro, evidenziando l’insostenibilità del debito ellenico nel medio periodo alle attuali condizioni, ma ancora una volta ha prevalso la linea tedesca del ministro delle finanze Schäuble, che è quella di continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto pur di non transigere sul divieto di salvataggio finanziario di un paese dell’eurozona con soldi degli altri paesi.
L’unica concessione che la Germania ha fatto al Fmi è stata quella di ammettere la possibilità di prendere in considerazione misure di alleggerimento del debito greco dopo una valutazione dei risultati del programma da effettuare nel 2018. Cioè dopo le elezioni politiche tedesche, fissate all’ottobre 2017. Intanto la Grecia si terrà la sua disoccupazione al 25 per cento e un andamento del servizio del debito che nel 2030 si porterà via il 20 per cento del suo Pil.
Alla Germania conviene l’unione monetaria senza vera unione fiscale (Schäuble la vuole su misura di Berlino) e quindi senza mutualizzazione del debito, e noi dobbiamo continuare a credere che questo è l’interesse dell’Europa.