La prima notizia – pubblica già da tempo ma forse non ancora così conosciuta – è che in Italia c’è una università islamica «già attiva e in attesa di accreditamento al ministero dell’Istruzione», come scriveva a gennaio la Stampa. Si tratta, informa oggi Libero, di «un ateneo annunciato in pompa magna con tanto di soldi provenienti dall’Opec, secondo gli organizzatori, che dovrebbe cominciare i corsi a ottobre», ed è più o meno quel che si legge anche nel master plan esposto sul sito dell’ente.
PETROLIO PER LA GLORIA DI ALLAH. Fondatore e presidente di “Unislamitalia” è Giampiero Khaled Paladini, presidente di Confime (Confederazione imprese mediterranee), il quale nelle prime fasi del progetto aveva spiegato di voler «formare una nuova classe dirigente islamica che saprà imporre la pace religiosa in Europa». Quanto ai «punti di riferimento» di Paladini e Confime – e qui arriva la seconda notizia –, sono elencati già dal 2014, in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno che sintetizzava una conferenza stampa convocata dallo stesso Paladini: «I punti di riferimento economici di Confime sono sono la Qatar Foundation e l’Unione delle comunità islamiche italiane», ovvero l’onnipresente Ucoii. «Ma per realizzare l’università islamica a Lecce, il consorzio intende coinvolgere i Paesi della Lega Araba e quelli aderenti all’Opec. A tal fine, ha detto Paladini, è già stato avviato il progetto “Un milione di barili per la gloria di Allah e per il dialogo dei popoli del Mediterraneo”, nato proprio per finanziare la nascita dell’ateneo islamico e il sostentamento delle sue attività accademiche. I Paesi arabi, in sostanza, finanzieranno il progetto con l’oro nero. In che modo? Il greggio verrebbe importato in Italia, lavorato in due raffinerie, e venduto sul mercato. A conti fatti, un milione di barili valgono circa 80 milioni di dollari, quindi con circa 65 milioni di euro».
«STERMINIO COMPLETO». La terza notizia è che un funzionario di Unislamitalia, Raffaello Yazan Abdallah Villani, il 4 agosto ha pubblicato un post su Facebook invocando lo sterminio dei “sionisti”. Eccolo, completo di refusi e imprecisioni grammaticali: «un altra soluzione finale……ma questa volta fatta bene….ci vorrebbe. ma per i sionisti….solo per loro. sterminio completo. gli ebrei reali sono vittime». In questi giorni l’uscita di Villani è rimbalzata su quasi tutti i media del mondo ebraico italiano e israeliano, fino a essere denunciata dall’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) e dall’ambasciata israeliana a Roma, che hanno ottenuto l’eliminazione del post. Il fatto è particolarmente «grave», secondo il Corriere del Mezzogiorno, perché Villani è «responsabile della segreteria della Fondazione Università islamica di Lecce», sebbene, come aggiunge Libero, si sia autosospeso proprio in seguito al pasticcio combinato.
«TI PREGO UCCIDILI TUTTI». Paladini, il padre di Unislamitalia, ha voluto prendere le distanze dal suo collaboratore, e ha promesso che la vicenda «sarà sottoposta alla discussione del comitato scientifico di Unislamitalia». Intanto il suo «personale pensiero» è che l’affermazione di Villani «non è condivisibile assolutamente né sui contenuti né nel linguaggio usato». L’ateneo islamico, continua Paladini, «ha nel suo dna la ricerca a oltranza del dialogo per la pace con tutte le parti in causa e rifugge da ogni atteggiamento o slogan che propagandino odio razziale a tutti i livelli». Tuttavia«Villani non è nuovo a esternazioni di questo genere», come ricorda ancora il Corriere del Mezzogiorno riportando la reazione di Luigi De Santis, definito dal quotidiano «primo e finora unico console onorario di Israele in Italia»: «Affidargli un incarico di responsabilità nell’università islamica mi sembra quanto meno discutibile». Secondo Libero, per esempio, l’uomo in passato ha pubblicato sempre su Facebook «immagini di uomini e donne con i visi coperti dalla kefiah, con fionda in mano e il commento: “Allah benedici la Palestina, Allah uccidi tutti i nemici della Palestina”».
BEGLI AMICI. «La gravità dell’accaduto è evidente», conferma la storica Anna Foa in un breve commento ospitato da Moked, portale dell’Ucei. «Nata come progetto l’anno scorso e non ancora approvata dal Miur, si tratta di un’Università creata soprattutto da convertiti italiani all’Islam (come appunto il Villani e il presidente dell’Università Paladini), volta non esclusivamente a formare iman (teoricamente è aperta alle donne). Sarebbe la prima università islamica italiana. L’Università vuole presentarsi come un luogo rivolto a far conoscere la cultura islamica, a combattere il fondamentalismo, ad incrementare il dialogo. Nulla in contrario a questi obiettivi, ma certo almeno una cosa possiamo dirla, che si è partiti molto male. Il progetto, con questi amici, non ha davvero bisogno di nemici».
«NOI COME LA CATTOLICA». Giulio Meotti sul Foglio elenca un paio dei nomi delle persone che secondo quanto ha garantito Paladini saranno chiamate a giudicare il “caso Villani”. Nel «board scientifico» dell’ateneo siedono «Franco Cardini, celebre medievista e islamologo, ma anche Abdel Fattah Hassan, imam della grande moschea di Roma, che all’Università islamica d’Italia sarà responsabile del corso di formazione per imam». Spiegava nell’aprile scorso Paladini a Vanity Fair: «Dal punto di vista didattico e istituzionale, la nostra università non è diversa dalla Cattolica di Roma e Milano, solo che al posto del Crocifisso ci saranno i Versetti del Corano». «Fra i partner accademici dell’Università islamica d’Italia troviamo anche l’Università di Al Azhar del Cairo», sottolinea Meotti.
I DUBBI DEL COMUNE. Il Comune di Lecce guidato da Paolo Perrone, secondo Libero, «fin da subito ha manifestato molte perplessità» davanti all’idea di vedere arrivare in città «cinquemila studenti» per «corsi di recitazione del sacro Corano, master in diritto e finanza islamica e studi in teologia coranica e società occidentale». Conferma il sindaco al quotidiano: «È sembrata da subito una cosa non fattibile. Non potevamo dare il nostro via libera in assenza di un progetto reale, che non ci è mai stato mostrato, e con nessuna garanzia sui costi, su chi avrebbe finanziato l’opera e su tutto il resto».