Sono almeno trenta i civili uccisi dalle forze di sicurezza ad Hama, Siria. Ieri la città a 200 km di Damasco è stata invasa dai carri armati, che hanno aperto il fuoco sui manifestanti. Un abitante, riuscito a fuggire, ha raccontato di cadaveri seppelliti nei parchi pubblici. In quelle stesse ore, il Consiglio di sicurezza Onu ha approvato una risoluzione di condanna al regime siriano, stigmatizzando “le grandi violazioni dei diritti umani” perpetrate nel paese arabo, esortando il governo a consentire lo svolgersi delle manifestazioni e l’ingresso di aiuti umanitari.
È la prima volta che l’Onu rompe un silenzio assordante, puntando il dito contro le azioni messe in atto dal governo. Il documento sottoscritto dai 15 membri dell’organismo chiede la fine immediata della violenza, e si risolve ai rivoltosi «affinché non vengano colti dal desiderio di vendetta contro le istituzioni».
Una presa di posizione che ha ottenuto l’ok da tutti i paesi ad eccezione di uno. Il Libano si è dissociato. Ormai controllato da Hezbollah, ha promesso appoggio incondizionato al regime di Assad. Più grave il freno posto da Mosca e Pechino (due dei cinque membri permanenti del Consiglio) che hanno ventilato il loro veto a un progetto risolutivo contro il governo di Baschar al Assad.