Da oltre una settimana lo Stato islamico sta cercando di entrare nella città di Hasakah, capoluogo dell’omonima provincia, nella parte nord-orientale della Siria. L’offensiva è cominciata il 30 maggio scorso e dopo alcune conquiste iniziali, l’esercito di Bashar al-Assad insieme a milizie curde è riuscito temporaneamente a respingere i terroristi.
«SONO A POCHI METRI». Nella città vivono almeno 1.000 famiglie cristiane, oltre alle tante scappate nel capoluogo dopo la conquista a febbraio da parte dell’Isis di una trentina di villaggi lungo il vicino fiume Khabur, oggi recuperati dall’esercito. «La situazione è estremamente difficile in città. Vogliono entrare da sud, sono a qualche centinaio di metri ormai», ha dichiarato a L’Orient-Le Jour un sacerdote assiro della zona, che oggi in vive in Libano e che ha preferito rimanere anonimo.
«TEMIAMO UN MASSACRO». Un cugino del sacerdote vive nella città e parte della sua famiglia si trova ancora nelle mani dell’Isis, dopo essere stata rapita insieme a circa 300 cristiani a fine febbraio dai terroristi islamici. «La presenza cristiana è direttamente minacciata. Noi temiamo un massacro. Ci sono bambini e giovani donne in pericolo, la maggior parte di loro non ha i mezzi economici per scappare», continua il sacerdote.
CITTÀ STRATEGICA. La provincia di Hasakah è importante per lo Stato islamico sia perché ospita un nutrito contingente dell’esercito siriano, sia perché si trova al confine con Turchia e Iraq. «L’Isis ha bisogno di controllare questa frontiera, così potrà continuare le sue operazioni di contrabbando», spiega Frédéric Pichon, ricercatore associato presso l’Università di Tours. «È una città strategica».
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