Dinamiche violente hanno continuato a caratterizzare la mobilitazione contro l’Alta Velocità in Val di Susa, assurta negli ambienti antagonisti a modello esemplare di lotta: la protesta, già connotata in chiave ambientalista e antigovernativa, ha assunto una specifica valenza nell’ottica antirepressiva, a seguito dei numerosi arresti di attivisti no Tav. Un ruolo trainante svolgono le frange anarco-insurrezionaliste, principali protagoniste delle azioni radicali nella Valle, determinate ad alimentare la protesta contro la Tav superandone i limiti localistici per diffondere il “conflitto” nei territori”. Sono, questi, alcuni passaggi contenuti nell’annuale relazione al Parlamento del Dipartimento Informazioni e Sicurezza guidato da Giampiero Massolo.
L’area dell’anarchismo insurrezionalista è, spiegano i Servizi, “tradizionalmente non omogenea e aperta all’adozione di strategie di lotta diversificate”, quindi, “la minaccia rimane potenzialmente estesa e multiforme, suscettibile di tradursi in una gamma di interventi”. Si possono temere, secondo gli 007 nostrani, “sia attentati ‘spettacolari’ potenzialmente lesivi come quelli tradizionalmente messi in atto dai gruppi FAI (Federazione Anarchica Informale), sia iniziative di non elevato spessore ad opera di altre sigle eventualmente emergenti, non dotate delle medesime capacità tecnico-operative, come anche attacchi non rivendicati, in linea con la visione classica dell’anarco-insurrezionalismo che individua nel compimento stesso del gesto e nella scelta dell’obiettivo la “riconoscibilità” della matrice”.
In un contesto di crisi, qualora questa dovesse acuirsi, c’è il rischio di “innalzamento delle tensioni sociali e un’intensificazione delle contestazioni ad esponenti di governo, nonché rappresentanti di partiti politici e sindacali”. Cosa che, in Val Susa e a Torino, come sa chi ci legge da queste colonne, è già accaduto. “In assenza di segnali di un’inversione del ciclo congiunturale – si legge nella Relazione del Dis – l’incremento delle difficoltà occupazionali e delle situazioni di crisi aziendale, potrebbe minare progressivamente la fiducia dei lavoratori nelle rappresentanze sindacali, alimentare la spontaneità rivendicativa ed innalzare la tensione sociale, offrendo nuove opportunità ai gruppi dell’antagonismo di intercettare il dissenso e incanalarlo verso ambiti di elevata conflittualità”. Tra questi, in primis, la Valle di Susa, dove gli ambienti antagonisti e del dissenso cercano un collante con la popolazione per “generalizzare il conflitto”.
LE PAROLE DEL VESCOVO. Sull’innalzamento del livello dello scontro in Val di Susa, interviene con un appello il vescovo di Susa, monsignor Alfonso Badini Confalonieri. L’analisi è netta, come la richiesta. “Il clima di tensione e di mancanza di dialogo, che da anni grava in Valle, deve lasciare il passo ad un cammino di pace e rispetto per l’altrui pensiero e posizione. Bisogna isolare i violenti e coloro che si oppongono ad un confronto democratico. Con la pace tutti hanno vantaggio, con la violenza tutti vengono danneggiati e feriti nella loro dignità di persone, prima che nel loro corpo. La violenza non può mai essere accettata, neanche quella psicologica, che tende a spaventare chi la pensa non come te”.
Chiara anche l’indicazione ai fedeli, e certo quanti tra gli esponenti dell’associazionismo cattolico “flirtano” con il Movimento No Tav non potranno non tenerne conto. “Come responsabile della Diocesi di Susa – scrive il monsignore – ricordo che i cattolici sanno che ogni vita umana è un valore assoluto che dipende da Dio, che dona e mantiene in vita. Dio ama ogni persona e nessuno ha il diritto di non amare ciò che Dio ama. Come Gesù ci insegna, anche noi dobbiamo: amare e perdonare anche il (chi ti tratta da) nemico”. Tanto più si deve amare e rispettare chi ha il solo “neo” di pensare in modo diverso. Con maggior forza debbono essere costruttori di riconciliazione e di pace, pur nella diversità delle posizioni, coloro che credo in Gesù Cristo”.
È evidente che il Pastore della Chiesa che è in Susa, sconfessa quanti vorrebbero, nel mondo cattolico segusino, innalzare la lotta al Tav a valore non negoziabile. Si riferisce ad “opinioni”, “posizioni”, “pensieri”, chiarendo che la questione va affrontata con laicità, senza tentazioni millenaristiche. Faccenda ben diversa da quanti vorrebbero “battezzare” il movimento trenocrociato. Il vescovo cita, poi, come esempio positivo l’incontro di presentazione del progetto della Torino-Lione voluto dall’amministrazione comunale di Susa. “L’incontro del 16 febbraio – sottolinea Badini Confalonieri – ha visto esprimersi persone di diverso convincimento in merito alla costruzione della linea ferroviaria, e chi ama la democrazia non può che fare di tutto perché il dialogo si allarghi e continui in un clima civile ed umano”. La violenza, secondo il vescovo, è quanto di più antidemocratico ci sia, ciò che serve è il dialogo. Un appello che Alfonso Badini Confalonieri “affida, in preghiera, alla Madonna del Rocciamelone, con la richiesta di pace per la Valle di Susa e per tutti gli abitanti”.