Il latte materno è questione seria. I medici lo raccomandano, la tradizione lo consiglia, la letteratura scientifica ne spiega le ragioni. Talmente seria che qualche giorno fa, su richiesta della procura della Repubblica di Pisa, una ventina di persone fra pediatri, informatori scientifici e dirigenti di azienda sono stati arrestati: i medici, fra i quali un paio di primari, avevano prescritto latte in polvere per i loro piccoli pazienti, inducendo all’abbandono dell’allattamento naturale, gli altri avevano ottenuto questi comportamenti, dai quali è derivato un incremento di vendite della marca sponsorizzata, in cambio di elettrodomestici, smartphone, crociere e viaggi. Un rigore apprezzabile: privare il bambino nei primi mesi di vita delle proteine e dei minerali che vengono dal seno materno significa farlo crescere con minori difese. Ferma restando la presunzione di non colpevolezza degli accusati, una indagine del genere mette sull’avviso altri professionisti che si prestino a pratiche così spregevoli: tali – sono parole del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi – da esigere «provvedimenti disciplinari immediati».
Domanda: il rispetto dell’ordine naturale attiene solo all’alimentazione iniziale? Quesito scontato e retorico? Tutt’altro. Nella stessa Nazione – la nostra – che vede giusta determinazione contro i traffici illeciti di latte artificiale, è stata ritenuta degna di tutela costituzionale, tanto da travolgere una legge che la vietava, la fecondazione artificiale di tipo eterologo. Cioè una modalità di procreazione che, per riprendere le parole usate dalla Corte costituzionale per legittimarla, considera con favore la «formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico». Il presidente della Regione Toscana che invoca – e con ragione – sanzioni contro i pediatri sponsor del latte artificiale, è il medesimo che si dà da fare perché dall’estero giungano ovociti se non se ne trovano sul territorio (cosa più che ovvia, vista la prostrazione che subisce la donna che si sottopone alle tecniche funzionali a “produrli”).
Qualcosa non quadra: è bene che i bambini, finché natura permette, non siano privati del latte materno, e fin qui nulla quaestio; va altrettanto bene che i bambini nascano dal seme di donatori estranei al padre, o alla madre, o a entrambi (questo significa «indipendentemente dal dato genetico»)? Non è un problema di come li allatti: Elton John racconta che, dopo aver “commissionato” e ottenuto, insieme col proprio compagno, due figli da una donna indiana, nei primi giorni dopo le nascite li ha fatti nutrire col latte della madre che li ha messi al mondo, che è stato “tirato” e condotto quotidianamente in aereo a qualche migliaio di chilometri di distanza. Non è proprio alla portata di tutti, e prima ancora non è rispettoso di tutti, ma il principio dell’allattamento materno è più o meno salvo. È un problema di scissione fra i genitori biologici e quelli giuridici; di scompensi psicologici, e spesso fisici, derivanti da tale frattura: tanto che la legge è costretta a sancire il divieto di disconoscimento della paternità nel tentativo di arginare il rifiuto, che spesso si manifesta, di un figlio che prima o poi capita di non sentire come proprio; è un problema di tracciabilità dei donatori, che si scontra col necessario anonimato degli stessi: quest’ultimo, se totale, preclude al bambino una anamnesi completa e affidabile, con danni per qualsiasi intervento terapeutico; è un problema di scongiurare unioni artificiali fra soggetti con reciproci legami di parentela.
L’attenzione, anche giudiziaria, perché ogni nato fruisca del latte della propria madre si lega alla serenità della insostituibile relazione fra una mamma e il suo piccolo. Inquieta che un pediatra corrotto si frapponga fra i due. Inquieta ancor di più che fra i due si interponga una provetta contenente semi di estranei.