Perché non ci fanno vedere le foto di quelle due povere donne irakene trucidate dai terroristi perché impiegate nella nuova amministrazione di Baghdad? Perché non ci fanno vedere le foto delle donne irakene massacrate nei mercati di Baghdad dalle autobombe e dai colpi di mortaio delle milizie integraliste? Perché non ci fanno vedere le foto dei soldati americani che saltano sulle bombe mentre cercano di difendere il lavoro di tecnici e ingegneri che asfaltano le strade o aggiustano le tubature dell’acqua sabotate dai terroristi? Perché non ci fanno vedere le foto dei miliziani che sparano dagli ospedali e dalle moschee facendosi scudo degli ammalati e dei bambini?
Secondo lo studioso della letteratura Erich Auerbach la propaganda ideologica si basa su quella che lui chiamava la “tecnica del riflettore”: «Essa consiste in ciò, che di tutto un ampio discorso s’illumina una piccola parte, ma tutto il resto, che servirebbe a spiegarlo e a dare a ciascuna cosa il suo posto, e verrebbe, per così dire, a formare un contrappeso a ciò che è stato messo in risalto, viene lasciato nel buio. In questo modo viene detta apparentemente la verità, poiché quanto è detto è incontestabile, e tuttavia tutto è falsato, essendo che la verità è composta di tutta la verità e del giusto rapporto fra le singole parti. Specialmente nelle epoche agitate, il pubblico ricasca sempre in questo tranello» (E. Auerbach, Mimesis, Einaudi, Torino 1956, p. 165). Per vedere questo riflettore all’azione, basta prendere i giornali di sinistra degli ultimi giorni. Sulla Repubblica del 12 maggio, ad esempio, dalla prima alla quindicesima pagina non si parla altro che delle torture inflitte dai soldati americani e inglesi ai prigionieri irakeni. In questo modo viene detta apparentemente la verità, perché i fatti avvenuti nel carcere di Abu Ghraib sono incontestabili, e tuttavia tutto è falsato, in quanto vengono lasciati nella penombra i rapimenti e i massacri terroristici che verrebbero, per così dire, a formare un contrappeso alle torture, mentre lo scempio dei cadaveri israeliani a Gaza e la decapitazione di un povero antennista di ventisei anni vengono liquidati frettolosamente come una “vendetta” (Vittorio Zucconi, Repubblica, 12 maggio) o, peggio ancora, come una “conseguenza” (parole testuali dell’onorevole Piero Fassino a Ballarò, 11 maggio) delle torture, come a dire che la decapitazione e lo scempio dei cadaveri in fondo sono colpa di Bush. Ecco come il riflettore della propaganda imprime indelebilmente nell’inconscio collettivo l’idea che l’America è il male. Per capire la verità, come dice Auerbach, occorre considerare tutti gli elementi di cui è composta. Il primo elemento da considerare è sempre il cuore dell’uomo. Solo chi non conosce abbastanza il suo proprio cuore può credersi immune alla tentazione di torturare i suoi nemici. I torturatori americani non provano che il male è l’America, ma che il male è nel cuore dell’uomo. Il secondo elemento della verità è che ad uccidere i soldati americani, a rapire i civili occidentali e, fra le altre cose, a decapitarli non sono i membri della “resistenza irakena”, come li chiama la candidata alle europee Lilli Gruber, ma dei terroristi che uccidono anche gli irakeni: «Qui c’è uno sforzo sincero per costruire un sistema politico moderno – scrive l’irakeno Alaa sul suo forum – Qui almeno l’85 % della popolazione non vuole che le forze della coalizione partano, nonostante le manifestazioni spettacolarizzate e amplificate dai media suggeriscano altrimenti. Qui la resistenza e il terrorismo mirano a ritardare e sabotare l’emergere di un nuovo esempio virtuoso nella regione. Qui il terrorismo è diretto soprattutto contro la popolazione locale e non contro le truppe straniere» (cfr. L’Opinione, 9 maggio 2004). Il terzo elemento della verità è che mentre leggendo Repubblica si può avere l’impressione che non ci sia differenza alcuna tra democrazia e dittatura, la realtà è lì a dimostrare che se nelle dittature del mondo arabo e musulmano le torture sono una prassi, le nazioni democratiche occidentali vietano la tortura e puniscono i torturatori. Anche per questo impugnare la foto della ragazza col guinzaglio per chiedere il ritiro delle truppe italiane «entro sei giorni se non ci saranno svolte» (Francesco Rutelli su Repubblica, 12/5/04) al solo scopo di screditare il governo Berlusconi per fini elettorali, è un’abbiezione che la dice lunga sulla qualità politica e umana dell’opposizione.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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