Battista Battaglino, 63 anni, pensionato, è il proprietario di una vigna a Castellinaldo d’Alba (Cuneo). È un piccolo pezzo di terra che gli è stato lasciato in eredità dal padre, con vigne vecchie di settanta-ottant’anni. Lui le coltiva senza usare macchinari, con la sola forza delle sue mani e, una volta l’anno, quando è il tempo della vendemmia, con l’aiuto di quattro amici.
Così ha fatto anche quest’anno, solo che, come ha raccontato la compagna alla Stampa, questa volta è andata diversamente. «Stavamo raccogliendo l’uva, ridendo e prendendoci in giro perché in quelle vigne è anche difficile stare in piedi. Ad un certo punto siamo stati letteralmente circondati da carabinieri e funzionari dell’ispettorato del lavoro. Ci hanno chiesto i documenti e hanno redatto un verbale di denuncia di lavoro nero». Totale: 19.500 euro di multa. Quasi ventimila euro per essersi fatto aiutare dagli amici a raccogliere l’uva. Non so se ci rendiamo conto.
La cosa poi si è ricomposta, la multa non è stata pagata e ha vinto il buon senso, anche perché in zona è noto a tutti che Battista non è né un evasore né uno schiavista e che le poche bottiglie prodotte finiscono tutte sulla sua tavola. Resta l’aspetto grottesco della vicenda in cui uno Stato invadente entra fino in casa per controllare cosa fa l’oscuro cittadino e non vede cosa accade in molte parti d’Italia, alla luce del sole. Quanti altri Battista, ogni giorno, devono sopportare lo strabismo di uno Stato che non sa distinguere tra amicizia e caporalato, tra amicizia e reato?
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