Avevano al polso l’adesivo che si infila alle maniglie dei bagagli in aeroporto, a evidenziare il pericolo che la cosiddetta legge “restringi-vivisezione” costringa tanti di loro, ricercatori e scienziati, a partire per l’estero per poter dare un futuro al proprio lavoro.
Erano in tanti ieri fuori dal Parlamento (foto a lato tratta da internet) per la manifestazione organizzata da “Pro-test” in difesa della sperimentazione sugli animali, che con il testo di legge in fase di approvazione al Governo rischia di essere fortemente limitata. La bozza, già approvata alla Camera, è contestata perché supera le già strette direttive imposte dall’Unione Europea nel 2010, riducendo all’osso le possibilità per chi lavora nei laboratori. Tante gli istituti di ricerca che hanno aderito: tra questi l’associazione Luca Coscioni e l’Istituto Mario Negri, Telethon, il San Raffaele di Milano, l’Istituto Ifom.
«L’USO DI ANIMALI È COMUNQUE IN CALO». Si oppongono a chi usa la parola vivisezione in maniera brutale, per indicare il lavoro di chi nei laboratori usa cavie per fare sperimenti. Ma che in realtà «vengono trattate nel migliore dei modi, e comunque vengono utilizzate solo quando non esistono alternative per la riuscita dei test», spiega a La Stampa Giuliano Grignaschi, responsabile dell’Animal Care Unit dell’Istituto Mario Negri.
L’uso di animali in laboratorio è calato del 30 per cento negli ultimi 10 anni, e in Italia negli ultimi 3 anni sono state usate 350mila cavie in meno. Alla scienza però servono ancora, specie nella ricerca sui tumori: «Una delle restrizioni previste dall’articolo 13 è lo xenotrapianto, ovvero il trapianto di tumori umani sui topi per verificare i trattamenti necessari», spiega Marco Foiani, oncologo direttore dell’Ifom. «Ne va di mezzo la salvezza di migliaia di persone: l’oncologia ha bisogno di progressi sul fronte delle terapie ed è impossibile ipotizzarle se si limiteranno le sperimentazioni sulle cavie animali».
«SENZA RICERCA NON SAREI QUI». Tutti ricordano come lo sviluppo della ricerca sia garantito persino dall’articolo 9 della Costituzione, principio che non sembra affatto trasparire in questo testo. In piazza c’era anche Ivan Tavella, 34enne affetto da distrofia muscolare in sedia a rotelle: «Se non ci fosse stata la ricerca a quest’ora ero già morto», ha spiegato a La Stampa. «Ogni farmaco che mi tiene in vita è frutto dei risultati ottenuti con la sperimentazione animale. Per progredire occorre testare organismi complessi; solo operando sui topi, per esempio, si è scoperta la causa della mia patologia, ovvero la mancanza della proteina distrofina».
Una delegazione di medici e ricercatori è stata poi ricevuta dalla Commissione Sanità del Senato: si cerca il dialogo affinché la legge torni alle direttive europee sulla sperimentazione e rigetti gli emendamenti più restrittivi. «Anche noi pensiamo al bene degli animali», è stato il commento di Luca Perico, ricercatore dell’Istituto Mario Negri, «ma a parte il fatto che sono tenuti in condizioni standard per evitare che soffrano, credo sia più giusto amare le persone».