«L’omicidio stradale? È una fattispecie assurda che avrebbe un effetto criminogeno», afferma a tempi.it Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione camere penali. Per Spigarelli la proposta avanzata dal premier Matteo Renzi in un’intervista a Centauro (rivista dell’Asaps) «non ha senso». Il premier vorrebbe creare un reato a sé stante, separato dall’omicidio colposo, per chi provoca incidenti mortali sotto l’effetto di stupefacenti e alcol. Con la nuova legge (sostenuta da un gruppo di associazioni e dal Comune di Firenze), la pena minima per i guidatori giudicati colpevoli passerebbe da 3 a 8 anni e la massima da 15 a 18. Tuttavia, spiega Spigarelli, «le pene per i pirati della strada sono già alte. Aggravarle ulteriormente non fermerà gli incidenti stradali».
Avvocato Spigarelli, perché non è d’accordo con l’aumento delle pene per chi provoca incidenti mortali?
In questi anni il legislatore ha già aumentato sensibilmente le pene per quanto riguarda i crimini della strada. Ad oggi si contano diversi interventi in materia che hanno portato la pena massima per omicidio colposo per i guidatori a 15 anni. È assai significativa per un reato che comunque rimane colposo e non volontario. Nel Codice Rocco, scritto durante il fascismo, la pena per omicidio volontario è quantificata in 21 anni. La legge per omicidio colposo quindi è già oggi molto dura.
Questa legge però riguarderebbe soltanto chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.
A parte che queste differenziazioni non sono utili, bisogna ricordare che i test thc per appurare l’uso di stupefacenti sono abbastanza aleatori. Una persona può risultare positiva dopo una settimana dall’uso. Potrebbe risultare positiva dopo aver provocato l’incidente ma non aver usato alcun tipo di droga. Si creerebbero molti problemi da questo punto di vista. E in più, il notevole aggravamento della pena porterebbe a un paradossale risultato criminogeno.
In che senso?
Avvocati e magistrati ricordano benissimo cosa accadde quando, trent’anni fa, sull’onda dell’emotività si aggravarono le pene per il reato di sequestro di persona, facendole arrivare vicine a quelle dell’omicidio. Ai sequestratori risultava quasi più conveniente ammazzare il sequestrato che lasciarlo vivere, per timore che potesse testimoniare. Cosa accadrebbe se ci fosse una legge che porta da 3 a 8 anni la pena minima per chi provoca incidenti mortali? Ovviamente aumenterebbero i casi di persone che scappano, per paura.
La nuova legge sarebbe dannosa oltre che inutile?
Una legge del genere avrebbe un effetto criminogeno. Chi legifera dovrebbe riprendere in mano il manuale del buon legislatore. Il manuale dice che la massimità della pena va individuata secondo la gravità del reato, dei singoli casi e dei beni costituzionalmente garantiti che sono stati aggrediti. Purtroppo siamo da anni di fronte a una tecnica legislativa curiosissima e lontana dalla buona prassi. Non si definisce più la massimità della pena in base al reato e alla gravità dell’aggressione ma sulla base di altri motivi: il consenso o l’emotività. Addirittura, per alcuni reati si sono aumentate le pene solo per consentire l’uso delle intercettazioni.
Quale dovrebbe essere il comportamento del legislatore per quanto riguarda i crimini stradali?
Purtroppo viviamo nell’illusione che aggravando le pene si risolvono i problemi ma è totalmente irrazionale, falso e demagogico. Se si vuole diminuire il numero di incidenti stradali mortali si deve puntare sulla certezza della pena e sulla prevenzione. Da questo tipo di interventi legislativi – negli ultimi anni sempre più numerosi – emerge invece soltanto una parossistica rincorsa del consenso popolare.