Il mio miglior amico
di Patrice Leconte
Genere: commedia
Voto: Buono
Che fatica trovare un amico. François è un antiquario, un uomo che colleziona di tutto ma non ha nessun amico. Commedia sull’amicizia virile simpatica e con un pizzico di malinconia. Leconte ha dato il suo meglio quando ha dovuto raccontare storie di amicizia come nel suo L’uomo del treno. E qui non fallisce, complice anche una citazione sapiente da Il piccolo principe. E così il suo ultimo film è delicato, commovente e dice una grande verità: che l’amicizia si impara.
Déjà vu
di Tony Scott
Genere: thriller inverosimile
Voto: sufficiente
Un attentato terroristico su un traghetto provoca la morte di centinaia di persone. Attraverso un complicato congegno spaziotemporale, un detective si mette alla ricerca del colpevole. Tony è il fratello minore e meno dotato di Ridley e anche qui si vede, eccome. E così Déjà Vu risulta essere un thriller fracassone e muscolare, che si fa beffe anche delle più elementari regole della verosimiglianza e che occhieggia a C.S.I, senza possedere però un briciolo di logica. Neppure quando i morti ammazzati tornano in vita senza alcun motivo.
Boog & Elliot
di Roger Allers e Jill Culton
Genere: animazione
Voto: sufficiente
Scordatevi le prodezze digitali della Pixar o la perfezione cromatica di Shrek. E scordatevi anche i contenuti politicamente scorretti, pro family, di Cars o Gli incredibili. Un orso addomesticato fin dalla nascita se la deve vedere con la vera natura del bosco. Simile a Shrek ma solo nello schema (due personaggi, opposti e contrari) Boog & Elliot è il meno divertente dei tre cartoni per il Natale. Più rutti che gag.
Commediasexi
di Alessandro D’Alatri
Genere: commedia qualunquista
Voto: pessimo
Un politico cattolico che predica bene e razzola male. Prepara una legge a difesa della famiglia e tradisce la moglie con una velina. Il regista di Casomai tenta una satira di costume ma il discorso è piatto e non va oltre le banalità da bar: i politici (democristiani) corrotti, la volgarità della tv, i quindici minuti di popolarità televisiva. C’è persino un odioso cardinale dall’accento teutonico. Poco divertente, parecchio qualunquista e senza un minimo di speranza.
Happy feet
di George Miller
Genere: animazione new age
Voto: pessimo
In una colonia di pinguini che passano tutto il tempo a cantare musica pop, nasce un pinguino scarso di voce ma ballerino eccezionale. Tanti dubbi: il film assomiglia troppo a La marcia dei pinguini per non indovinare il finale; i pinguini sono brutti, hanno delle zampe orribili, e nonostante l’impegno degli animatori, non si distinguono. E poi, la cosa più terribile: la canzone del cuore, quella che «ogni pinguino deve trovare dentro di sé». I cattivi, va da sé, sono i soliti bigotti.
Un’ottima annata
di Ridley Scott
Genere: sentimentale
Voto: ottimo
Quando la bellezza cambia la vita. Un uomo d’affari cinico e ripiegato su se stesso si ritrova la vita cambiata. Da una vigna e da un incontro. Come in uno dei suoi film più belli e sottovalutati, Il genio della truffa, Ridley Scott racconta di un cambiamento che, dopo le prime resistenze, apre il cuore e spalanca alla realtà. Succede a Max Skinner, abile banchiere londinese. Ed è un cambiamento che non nasce da un progetto, ma da un incontro. La vigna è bella.