Il Meeting di Rimini muove questa sua edizione in un’Italia profondamente cambiata. La questione democristiana come risposta alla soluzione del problema del cattolico in quella decisiva dimensione della storia che è la politica è venuta meno. Ed essa era pur stato come il quadro materiale in cui il Meeting si è svolto, cercando di non perdere mai di vista il duplice riferimento della tesi e dell’antitesi nel momento in cui si teneva aperta la strada di altri campi del vivere umano. La cultura della sinistra non è più dominante, le elezioni americane hanno posto fine ad un quadro culturale che si era assodato negli ultimi dieci anni. Tutto è divenuto mobile, anche la stessa Europa, dopo l’inattesa bocciatura che i paesi più beneficiari dell’Unione hanno detto addio per referendum: la Danimarca all’Unione e l’Irlanda all’euro. Mentre possiamo ora affidarci con nuova speranza alla domanda: «quo vadis Italia?», abbiamo maggiori difficoltà dell’anno scorso a domandarci: «quo vadis Europa?». Perché, se qualcosa sentiamo scricchiolare sotto i nostri piedi, è l’impianto unitario europeo, proprio nel momento in cui sta per entrare in vigore l’euro ed è in pieno svolgimento una presenza militare europea nei Balcani e oltre. La Russia entra nell’Occidente in forma di pieno agonista mentre la capacità di allargamento dell’Europa all’Est sembra in discussione. L’unità europea è stata un fine politico per i cristiani. In italia si è posta quasi una misura della loro identità; ma, ad assicurare questa unità, è stata una salda presenza cristiano democratica in Germania che è stata la volta dell’arco europeo che i socialdemocratici sembrano smarrire. Per il Meeting la politica non è mai stata l’unica storia ma è sempre la chiave di accesso più comune e universale. Ci è stato difficile convocare quest’anno la tavola europea e ciò dà la misura della difficoltà. Ma il Meeting non ha mai considerato la città dell’uomo avulsa dal Regno, dalla città di Dio. E si può dire che la sua anima naturaliter agostiniana cerca sempre la traccie della civitas Dei nelle traccie dell’uomo. E noi vediamo infine che la domanda dell’Eterno sgorga proprio dalla crescente angustia complessa del temporale, del fatto che il senso del vivere è divenuto l’ansia diffusa e sociale dell’esistere nelle società sviluppate. La cultura è oggi povera e la cultura cattolica senza volto: dopo la stagione dei grandi filosofi degli anni Trenta e dei teologi di nome degli anni Sessanta. Ma ora cerchiamo invano delle grandi lampade sui nostri cammini. Non è dunque un caso che ritorni il gusto per gli scritti mistici, di coloro che hanno raccontato l’esperienza dell’Eterno che i giusti vivono da eletti nel loro cuore. E al bisogno di eterno crescente nell’uomo della società “che si infutura” noi dedichiamo questo Meeting in questo tempo di incertezze: tra l’Angelo e il Demone.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi