A difesa del ministro Cancellieri, Luigi Manconi, senatore Pd e presidente della Commissione per i diritti umani, ha scritto tra l’altro che «a leggere i quotidiani e i commenti di tanti parlamentari viene da pensare che la politica “di sinistra” sia quella tesa a protrarre la carcerazione in custodia cautelare di una donna diagnosticata come anoressica e che non intende nutrirsi. È all’opera un meccanismo demagogico feroce: in nome di un presunto egualitarismo si propugna un livellamento delle garanzie verso il basso. Siamo alla torva invocazione del carcere come strumento di giustizia sociale».
È così. I giornali, come le tv e perfino i comici alla Crozza, sono molto impegnati (da molti anni) a promuovere questa bestia che ha nome “giustizialismo” e che non è certo l’ultimo dei sintomi della decadenza italiana. Già. Perché se un fenomeno da subcultura talebana viene elevato a focus di un sistema di notizie e se i giornali diventano cloache di intercettazione manettara, da tutto questo vento altro non si può sperare che l’odierna tempesta.
Al contrario, quando i nostri avi illuministi fecero giornali (come Il Caffè) e fecero cultura giuridica (come i Beccaria), edificarono l’Italia. Mentre ai nostri giorni, con vero spirito di regresso, i media sembrano lavorare alacremente per restituire l’Italia alle epoche in cui l’Italia era sotto il tallone dello straniero. Il “dagli alla Cancellieri” è, infatti, né più né meno, l’ultima di quelle ventennali “gride spagnole”, da epoche di “Colonna Infame”, che una sinistra appena decente e un Pd appena dignitoso dovrebbero decidersi ad archiviare: in “larghe intese” e finalmente libere anche dagli editori col passaporto svizzero.