Alla fine la Cisl di Napoli ha commissariato quella di Pompei. Proprio come aveva annunciato domenica scorsa il segretario generale Raffaele Bonanni, dopo che i dipendenti pubblici dell’importante sito archeologico che sorge alle pendici del Vesuvio, avevano impedito a 500 turisti l’ingresso per circa due ore. Il motivo? La convocazione di un’assemblea sindacale in concomitanza con l’orario di apertura dei cancelli, che così sono rimasti chiusi in faccia ai visitatori. Non certo la migliore delle pubblicità per uno dei più visitati, dai turisti di tutto il mondo. patrimoni dell’umanità in Italia. Quei rappresentanti sindacali che si sono resi protagonisti dell’iniziativa, ora, saranno «sospesi dal sindacato». Lo assicura a tempi.it Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Funzione Pubblica, secondo cui «ha ragione Bonanni quando dice che i turisti non possono in alcun modo essere usati come ostaggi». Ma aggiunge: «Ci sarebbe bisogno anche di un’operazione verità».
OPERAZIONE VERITA’. «Di un’operazione verità ci sarebbe bisogno – spiega Faverin – perché non è possibile che queste cose succedano sempre e solo in certi uffici pubblici. Simili episodi, infatti, non si verificherebbero se non ci fossero dirigenti conniventi. Mi chiedo, pertanto, se il ministro dei Beni culturali sia veramente in grado di controllare il suo ministero». Poi, commentando le parole di Bonanni, Faverin ribadisce: «Nessun servizio pubblico può essere interrotto a discapito dell’utenza. È ciò che già succede, per esempio, negli ospedali, dove prima di convocare le riunioni sindacali si fanno tutte le verifiche del caso, anche sulla compatibilità con le liste di attesa». Ed è quello che andrebbe fatto in ogni altro ambito della pubblica amministrazione, compresa Pompei. «Troppe volte, infatti, sono stati commessi simili errori – prosegue – e ogni volta sono stati prontamente strumentalizzati. Posso assicurarvi che la Cisl, da parte sua, è sempre intervenuta rimuovendo i responsabili».
AFFARISTI DELLA P.A.. Il vero problema, però, secondo Faverin è a monte: «Ci sono dirigenti che utilizzano i loro incarichi pubblici come fossero dei veri affaristi. In un Paese come il nostro, che già spende poco per i beni culturali, esistono interessi poco chiari che si perdono tra tantissime gestioni e appalti. Limitarsi a dire “facciamo entrare il privato” sarebbe troppo semplice. C’è bisogno – secondo Faverin – di andare fino in fondo e, dal di dentro, individuare i responsabili. Perché, se quelle riunioni ci sono state, qualcuno le deve pur avere autorizzate. Il ministro Franceschini approfitti di questo faro puntato su Pompei per fare chiarezza una volta per tutte. Altrimenti possiamo così ripetere che la pubblica amministrazione deve rinnovarsi e assumere i giovani; ma poi non cambia mai nulla e il pubblico rimane terreno dove prosperano consolidati gestori di affari privati».