Caro direttore, mancano pochi giorni alla manifestazione “Family Act” del 15 novembre in cui ci ritroveremo tutti in piazza Farnese, a Roma, per difendere la vita e la famiglia. Vorrei innanzitutto ribadire i motivi che ci hanno convinto a promuovere questa iniziativa, scegliendo tra l’altro una data così prossima.
Sappiamo bene che questo preavviso così breve ci consentirà di raggiungere un minor numero di persone, e di dare all’appuntamento un risalto mediatico e propagandistico inferiore a quanto sarebbe stato possibile con una preparazione più ampia. Ma sappiamo altrettanto bene che vi è un’urgenza immediata alla quale è necessario rispondere, reagendo con tempestività a ciò che sta accadendo sia in Parlamento che nella dimensione locale.
Come sa, con la discussione sulle unioni civili, attualmente in Commissione al Senato, si stanno stringendo i tempi di un progetto di legge che potrebbe mettere a reale rischio lo stesso concetto di famiglia naturale – così come la disegna la nostra Costituzione – e di conseguenza anche la filiazione. A livello amministrativo, l’atteggiamento di alcuni sindaci, che hanno registrato illegittimamente matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero, sta creando una situazione di conflittualità tra istituzioni che rischia di creare una pericolosa fuga in avanti su questi temi.
È necessaria, quindi, una mobilitazione che lanci un segnale chiaro e immediato, e che renda evidente che nel paese esiste un’opinione diffusa e radicata assai diversa dalla linea che oggi sembra unire forze di sinistra e di destra in Parlamento. È necessario che la società civile faccia sentire la sua voce, dica forte e chiaro, su questo tema, come la pensa. È necessario dimostrare che esiste un popolo che vuole difendere la famiglia. E sono certo che, grazie alla forza delle nostre convinzioni, riusciremo a farci ascoltare in ogni sede istituzionale.
L’appuntamento è a Piazza Farnese, alle 14,30 di sabato 15 novembre. Sarà una carrellata di interventi, ciascuno di pochi minuti (per consentire a tutti di parlare), in cui si alterneranno rappresentanti delle associazioni e delle parti sociali ed esponenti del Nuovo Centrodestra.
Gaetano Quagliariello senatore Ncd
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Gentile senatore, grazie per l’invito che ci avete rivolto a partecipare alla manifestazione, addirittura prevedendo un nostro intervento. Non mancheremo di onorarlo anche perché, come lei sa, noi qui non consideriamo affatto la famiglia naturale una “battaglia persa”. Anzi. Nonostante l’ingiustizia, l’oppressione fiscale, statalista, ideologica e settaria che vanno ad aggiungersi alle complicazioni e alle divisioni in cui versano tante famiglie – ferite spesso dalla fatica di vivere in un mondo che va in frantumi – non c’è alternativa all’alleanza uomo-donna come cellula fondamentale di ogni società. Tanto più in questa fase che sembra avere come protagonista assoluto della storia le élite – borghesie, lobby, sistema di corti e burocrazie occidentali – schierate in un’offensiva di stampo neocoloniale e neoschiavista nei confronti dei popoli, ridotti a far massa di manovra e di consenso alle utopie di onnipotenza dell’industria della tecnoscienza.
In tempi di crisi, c’è infatti una nuova “corsa all’oro”: è quella che non scava più negli ormai esauriti siti minerari, ma scava, commercia, sfrutta la miniera costituita dagli esseri umani. Tant’è, in questa congiuntura, così drammatica per milioni e milioni di famiglie che stanno finendo sotto la soglia di povertà, occorrerebbe fornire al popolo la conoscenza dettagliata di quali e quante risorse lo Stato centrale, le istituzioni, i sindaci, offrono ai militanti dell’indifferenziazione e dell’omoparentalismo. Nel contempo, bisognerebbe misurare le ore di trasmissione televisive, il numero di ricerche e di programmi sociali, gli investimenti in servizi e in nuovo welfare, in libertà di educazione e in libertà di cura, che il complesso delle posizioni dominanti destina ai nuclei famigliari costituiti da uomo-donna-bambini-nonni. Che poi sono i soggetti che tengono in piedi la baracca di questo paese allo sbando.
No, noi non consideriamo una battaglia perduta la difesa dell’alterità uomo/donna, perché è semplicemente la condizione minima della sopravvivenza del mondo comune. Consideriamo un vantaggio di civiltà il fatto che l’Italia sia una delle poche nazioni occidentali che non ha ancora introdotto il piallamento della realtà per tramite dell’equiparazione sociale, politica e giuridica del matrimonio tra un uomo e una donna alle unioni tra persone dello stesso sesso.
E sappiamo bene che nessuno, se è sincero in cuor suo, può considerare violazione dei “diritti” il puro e semplice e ovvio considerare che una cosa sono i sentimenti, le unioni, i piaceri privati, di cui ciascuno e tutti possono disporre in libertà (almeno fino a che, grazie alle nostre mollezze e decandenze, non arriverà anche da noi lo Stato islamico). Altra cosa è il matrimonio, il diritto dei bambini ad avere un papà e una mamma, il dovere e la responsabilità di custodire la realtà della vita per le generazioni a venire, così come è stato sin qui, fin dalle origini del mondo, contrastando ogni delirio e violenza con cui scienza, tecnica e egoismo degli uomini tendono a impossessarsi e a piegare la vita a un proprio tornaconto, potere, utopia di dominio totale.
In altre epoche questa pretesa onnipotenza sfociò in campi di concentramento e di sterminio non perché dei pazzi presero il potere. Ma perché la gente comune diede il proprio silenzioso assenso a leader e ideologie da pazzi e nulla si volle sapere (la gente voleva solo essere “lasciata in pace”) delle tragiche conseguenze che tali leader e ideologie avrebbero poi avuto sulla società.
Detto questo, è chiaro che noi non saremo a Roma per fare pubblicità a un partito. Piuttosto, saremo a Roma anche per chiedere a questo partito che oggi è al governo di trarre tutte le conseguenze di questa sua battaglia per la famiglia, soprattutto qualora questo governo promuovesse iniziative e leggi opposte a quelle che verrano richieste a piazza Farnese.
La battaglia non è persa e, anzi, crediamo che l’Italia, questo nostro amato paese carico di un passato di civiltà che non ha eguali nel mondo, saprà dire “no” a “così va il mondo”. E saprà mettersi – davvero ce lo auguriamo – alla testa di una riscossa di educazione, di ragione e di civiltà che faccia da battistrada al risveglio dei popoli nei confronti di ideologie mortifere, cretine, ma purtroppo devastanti il mondo comune.
Luigi Amicone