Roma, l’assalto di corvi e gabbiani alle due colombe liberate da papa Francesco alla fine dell’Angelus della scorsa domenica ha mosso i sospetti più nefasti di chi ha voluto vedere in quelle immagini i teatri presagi di lotte interne alla Chiesa e al Vaticano. A rimanere impressionati dalla morte dell’uccello bianco è stata anche l’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali, che ha scritto una lettera aperta al Santo Padre, trasformatasi in petizione, per chiedere che il volatile non venga più utilizzato in simili ricorrenze: «Liberare questi animali nati e cresciuti in cattività, equivale a condannarli a morte». Secondo l’Enpa «gli animali che sono nati in cattività, non essendo animali selvatici, non sono in grado di riconoscere i predatori come tali e sono quindi incapaci di fuggire da eventuali situazioni di pericolo».
L’APPELLO AL PAPA “ECOLOGISTA”. Le ragioni dell’Enpa sono dettagliate: «Gli esemplari che nella loro vita hanno conosciuto soltanto la gabbia non hanno alcuna esperienza del mondo “esterno”; pertanto anche se fossero così fortunati da sfuggire ai predatori, avrebbero sicuramente grosse difficoltà nel riconoscere tutti i pericoli della città, come ad esempio le automobili». E da qui, l’appello al Papa “ecologista”: «Sappiamo che il Pontefice si è dichiarato sensibile alla tutela dell’ambiente e delle creature che lo condividono con noi, e che ha in progetto un’enciclica dedicata proprio al Creato e alla difesa della natura. Un’enciclica nella quale, siamo sicuri, non mancherà il riconoscimento degli animali quali cittadini a pieno titolo del mondo in cui tutti viviamo». La polemica dell’Enpa appare però pretestuosa ed occasionale. Quanti Papi abbiamo visto lanciare colombe in varie ricorrenze? Se i due volatili di domenica fossero volati via senza problemi – come è sempre accaduto – saremmo qui a parlare della loro cattività e della loro scarsa abilità a sfuggire dai predatori?
SIMBOLOGIA CRISTIANA. Piuttosto, la vicenda diventa l’occasione per riscoprire il valore della simbologia della colomba, che papa Francesco ha lanciato come segno di pace. Il paragone sorge leggendo la Bibbia, dove il volatile rappresenta l’animo dolce e mite, e compare nella Genesi nelle pagine dedicate a Noè e al diluvio universale. L’uomo, dopo aver tentato di mandare un corvo per capire se le acque si erano ritirate, scelse di riprovarci con una colomba. Il primo volo fu vano, e la colomba tornò all’arca. Noè, quindi, «attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca, e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui». Per questo, a differenza del corvo, il bianco uccello rappresenta la pace e la salvezza. Ma nella religione cristiana la colomba torna anche in tante altre circostanze: i Vangeli dicono che discese dal cielo nel momento del battesimo di Gesù, segno della nascita a vita nuova, in una sfumatura in cui s’inserisce anche il suo valore simbolico in tempo di Pasqua, festività che segna appunto la resurrezione di Gesù e quindi l’inizio di una nuova vita.