Sir Paul McCartney, dopo una memorabile prima bolognese lo scorso 26 novembre, ha bissato il successo a Milano. Un ritorno super atteso e andato esaurito quasi subito: la fila per entrare nel palazzetto di Assago è infinita, la nebbia è così fitta che rende impossibile vedere i cancelli, ma nessuno sembra preoccupato dall’umidità e s’inganna l’attesa pensando alla scaletta. Difficile accontentare tutti i fan dei Beatles, ognuno con la propria setlist ideale in testa.
Il forum di Assago è già strapieno un’ora prima dell’inizio dello spettacolo, le casse mandano il remix dei brani più celebri dei Beatles (a ogni ritornello partono cori dalle tribune e dal parterre), mentre sugli schermi scorrono le immagini dei live dei Beatles, i momenti più importanti degli anni 60 e 70 della vita di sir Paul. Tanto per ripassare e ricordare a tutti la straordinaria vita del baronetto. Puntuale alle 21 sale sul palco, in completo nero con colletto rosso allacciato come quando era il bassista dei Fab Four. Eccolo lì il Macca, sorridentissimo e con gli occhi azzurri che brillano. Gli si perdonano anche i capelli tinti mentre saluta la folla con ripetuti “Ciao Milano” e le immancabili scuse che fa ogni cantante inglese per non saper parlare la nostra lingua. Per non sbagliare Paul si è fatto scrivere su un foglio le frasi in italiano corretto e le legge, senza esserne intimorito. Spiega che la chitarra con cui sta per suonare Paperback Writer è quella originale con cui era stata incisa, che la canzone che sta per suonare è dedicata “al mio amico John” e poi un’altra “al mio amico George”.
Dopo una prima parte movimentata, con All my Loving, The Night Before, Jet, Paul si siede dietro a uno Yamaha nero lucido e come è prevedibile intona The Long and Winding Road e la famosissima Maybe I’m Amazed. Poi torna a scuotere i ricordi del forum strapieno con Blackbird, Eleanor Rigby, dice al pubblico «Questa potete anche cantarla da soli senza il mio aiuto» e attacca Obladì Obladà, lascia che si accendano gli accendini su Give Peace a Chance. Ma è ovviamente su Let it be e Hey Jude messe una di fila all’altra che si spalancano i cuori e accompagnano verso il finale del concerto. Con fuochi d’artificio e botti veri sul palco, tanto che sir Paul si tappa le orecchie e dice «Too much loud», ridendo. E infine Yesterday, com’era giusto che fosse. Arrivederci Paul, torna presto a farci cantare.