“Il Papa apre su divorzio e aborto”. Così il 20 settembre ha titolato Il Messaggero, all’indomani della pubblicazione dell’intervista di papa Francesco alla Civiltà cattolica. Qualche giorno prima Repubblica titolava “La verità non è mai assoluta” la lettera del Pontefice a Eugenio Scalfari. Da messaggi come questi e dal disagio che provocano si possono trarre almeno tre indicazioni.
La prima: i media non mediano, manipolano. Il Papa non ha “aperto” su divorzio e aborto: come ha constatato chiunque ha letto il dialogo con padre Spataro, l’attenzione di Francesco è rivolta a far sì che la misericordia di Dio non trovi ostacoli nei confronti di nessuno, e che esperienze di vita terribili vengano orientate alla ricerca del perdono e alla conversione. Non è in discussione la difesa della vita nascente o di quella terminale, né il contrasto all’ideologia che considera il concepito «uno scarto»: è sufficiente leggere il discorso pronunciato dal Pontefice il 20 settembre davanti ai medici cattolici per averne una riprova.
La seconda: quello che il Papa dice o scrive va letto per intero, non attraverso le sintesi dei quotidiani; se si avvia questa pratica elementare tanti dubbi si dissolvono, tante prospettive si aprono e “si corre il rischio” di trovare nel suo magistero molto dei suoi immediati predecessori. Capita pure di scoprire nella lettera a Scalfari l’esatto contrario di quanto scorrettamente la Repubblica ha sintetizzato nel titolo.
La terza: il compito del cristiano non è insegnare al Papa come si fa il Papa, ma chiedersi cosa fare per avvicinare a Cristo anche attraverso il magistero del suo Vicario in terra. Non piace l’espressione «ospedale da campo» mentre è in corso la guerra? Quanto è da essa distante l’espressione «valle di lacrime», egualmente descrittiva della «periferia esistenziale» in cui siamo immersi?