È tutta centrata sulla «Alegria del Evangelio», la “Gioia del vangelo” tradotta dal documento originale in castigliano, l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii Gaudium che di queste due parole, gioia e vangelo, ha fatto la chiave del suo pontificato.
IL RISCHIO DI UNA TRISTEZZA INDIVIDUALISTA. Quelle due parole sono anche l’incipit dell’esortazione: «La gioia del vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Pericolo dal quale, secondo il Papa, nemmeno i credenti sono immuni, «e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita». Ma «quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte».
LA VOCAZIONE DI SPERIMENTARE LA GIOIA. Uno dei passaggi cardine dell’esortazione è quello in cui papa Francesco indica come vocazione della vita del cristiano proprio lo sperimentare e il comunicare la gioia donata da Cristo, che «è sorgente dell’azione evangelizzatrice». Si chiede Bergoglio: «Chi ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?». Perciò, prosegue il Papa, «i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma per “attrazione”».
L’INCLUSIONE SOCIALE DEI POVERI. Il Papa non dimentica di affrontare i grandi problemi sociali che ci circondano. Un intero capitolo, il secondo, è dedicato ai compiti del cristiano «nella crisi dell’impegno comunitario». Uno di questi, per il Papa, è un secco “No all’esclusione sociale”. Francesco spiega infatti che «così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa».
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