Finché si trattava di fingere che un ragazzo fosse una ragazza chiamandolo con un nome femminile, i professori della scuola erano disposti a chiudere gli occhi. Ma quando lo studente ha cominciato a pretendere di avere libero accesso allo spogliatoio femminile per fare la doccia con le compagne, il problema della realtà è diventato insormontabile. Così, come riporta anche il New York Times, un istituto superiore dell’Illinois, la Township High School District 211, distretto di Palatine, a nord-ovest di Chicago, ha deciso di negare al ragazzo il “diritto” che reclamava. La cosa, però, non è andata giù al dipartimento dell’Educazione di Obama, che ha ravveduto una violazione del Titolo IX, una legge federale “antidiscriminazione”, e ha dato alla high school un ultimatum di un mese: se entro trenta giorni non consentirà agli studenti di scegliere i servizi igienici in base al “genere” anche quando questo sia diverso dal loro sesso, il caso potrebbe finire davanti alla giustizia e la scuola potrebbe perdere fondi pubblici. «Tutti gli studenti meritano la possibilità di partecipare senza differenze ai programmi e alle attività scolastiche, questo è un diritto civile fondamentale», ha dichiarato Catherine Lhamon, sottosegretario per i Diritti civili del dipartimento dell’Educazione.
HOUSTON CONTROMANO. La presa di posizione del governo federale contro la scuola di Chicago, che risale a lunedì 2 novembre, si inscrive però in una battaglia molto più ampia, che coinvolge diversi stati americani. E non solo le loro scuole. Proprio il giorno successivo, martedì, i cittadini di Houston, Texas, sono stati chiamati alle urne per decidere una volta per tutte il destino della controversa Houston Equal Rights Ordinance, approvata nel maggio scorso dal Consiglio comunale e ribatezzata non a caso “l’ordinanza del bagno”. Perché la legge intendeva obbligare le aziende aperte al pubblico a concedere l’uso dei propri bagni indipendentemente dal sesso. «Sei favorevole all’ordinanza che proibisce le discriminazioni sul lavoro e nei servizi comunali (…), basati sul sesso, la razza, il colore, l’etnia, l’orientamento sessuale?». Era questa la domanda presentata agli elettori della città. Che nel 61 per cento dei casi hanno risposto di “no”, contro il 39 per cento di favorevoli. Una notizia non indifferente nell’America progressista di Barack Obama.
LO SCONTRO. Nei mesi precedenti al referendum la disputa intorno all’ordinanza ha visto scontri durissimi. Il sindaco di Houston, Annise Parker, lesbica, attivista Lgbt e sponsor principale dell’iniziativa legislativa, è arrivata a meditare contro gli oppositori misure al limite dell’intolleranza e ad accusarli di razzismo. Eppure fra loro c’è chi non ha temuto di continuare a chiamare le cose con il loro. Il campione di baseball degli Houston Astros, Lance Berkman, ha detto che la norma avrebbe «permesso a uomini problematici di entrare nei bagni pubblici femminili».
I BAGNI DELLE SCUOLE. Quanto alla “guerra dei bagni” delle scuole americane, il caso di Chicago, con la discesa in campo del governo di Washington, rischia di rappresentare un forte “avvertimento” per tutti gli stati in cui la questione rimane aperta. Tuttavia non mancano posizioni contrarie al mainstream. Qualcuno sceglie anche termini politicamente corretti per spiegarsi: «Da quando è normale che un maschio biologico o una femmina biologica possano accedere al bagno del loro genere opposto?», domanda Thad Ballar, presidente del consiglio scolastico dell’istituto Elko County in Nevada, che ha deciso di mantenere la separazione fra uomini e donne nell’utilizzo delle strutture scolastiche. Nel Wisconsin – spiega il New York Times – i repubblicani al governo dello stato hanno proposto una legge che vieti esplicitamente l’accesso ai servizi igienici in base al desiderio di chi ne fa uso. Al contrario, California, Washington, Colorado, Connecticut, Massachusetts, New York e il distretto della Columbia sono già in linea con le direttive dell’amministrazione Obama.
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