Turbati dalle notizie che giungono dal Caucaso, europei ed americani rischiano di perdere di vista un’altra area di crisi dell’ex Unione Sovietica dove le tensioni si vanno facendo sempre più forti: i paesi dell’Asia centrale. In questo vasto spazio occupato da cinque paesi (Kazakistan, Turkmenistan, Kirgyzstan, Uzbekistan e Tagikistan) e abitato da popolazioni prevalentemente di origine mongola, turca e iraniana si profilano essenzialmente due minacce: l’influenza destabilizzante dei talebani afghani e la penetrazione cinese. Il primo dei due problemi appare particolarmente serio in due paesi, che sono gli anelli deboli della regione: il Tagikistan e l’Uzbekistan. Il primo è da sei anni teatro di una sanguinosa guerra che vede affrontarsi il governo filo-russo, appoggiato da contingenti militari russi e kazaki, e la guerriglia islamica appoggiata dai talebani, il secondo ha visto compiersi quest’anno un attentato dinamitardo che ha ridotto in macerie il palazzo presidenziale. L’Uzbekistan appoggia in Afghanistan le forze del comandante Massud, il “leone del Panjir” di etnia uzbeka che è riuscito ad arrestare il cammino dei talebani, mentre alcune minoranze etniche del suo territorio (soprattutto i tagiki) simpatizzano con i padroni di Kabul. Ad aggravare i problemi c’è il fatto che i talebani continuano a godere, nonostante l’esecrazione internazionale, dell’appoggio degli Stati Uniti, che vedono in essi una formidabile forza locale di contenimento dell’Iran sciita.
La minaccia cinese è meno virulenta, ma ugualmente implacabile: i cinesi stanno massicciamente penetrando in tutte le repubbliche dell’Asia ex sovietica attraverso i loro prodotti e i loro commercianti, e si teme che arrivino nel tempo ad una colonizzazione di fatto di questi vasti e spopolati territori. Per evitare questo esito le varie repubbliche stanno approvando numerose leggi che limitano l’accesso ai beni cinesi e rendono difficile l’insediamento ai commercianti di quella nazionalità. Ma forse tutto questo non impedirà ai cinesi di prendersi una storica rivincita sui discendenti di Gengis Khan, appoggiandosi non sulle armi ma sul peso del fattore demografico.