Bisogna registrare l’ennesimo incendio doloso ai danni di un’azienda impegnata nella realizzazione della Torino-Lione (nella notte tra venerdì e sabato è toccato alla Geomont di Bussoleno, di cui è stato incendiato un capannone con attrezzature importanti e con danni che ammontano a molte centinaia di migliaia di euro) e l’arresto di per detenzione di materiale esplodente due uomini fermati, sempre venerdì, a Giaglione. Fatti di fronte ai quali Gian Carlo Caselli è intervenuto con parole dure, che sarebbero sicuramente piaciute al Fatto Quotidiano, se fossero state indirizzate a Berlusconi e non, come invece accade, ai settori che ancora indugiano a condannare esplicitamente questa “escalation violenta”. Il procuratore generale di Torino si è infatti scagliato contro «il silenzio e la sottovalutazione, se non peggio, di alcuni uomini della cultura, della politica e dell’amministrazione, ma anche dell’informazione, che non riescono forse a vedere come stanno davvero le cose e sono portati a considerare con comprensione gesti che invece sono di pura violenza».
UN PREGIUDIZIO ASSOLVENTE. Secondo Caselli questo pregiudizio assolvente, «si iscrive nella pretesa, mai esplicitata, che la legge non debba essere applicata agli amici di certe correnti politiche, ma la legge è uguale per tutti, non si può far finta di niente». Il silenzio diventa connivenza, ha affondato il magistrato, «quando si ricostruiscono fatti precisi e concreti dandogli ricostruzioni false». Non è un attacco a tutto il movimento No Tav, che a detta di Caselli, «in sé e per sé non c’entra nulla con queste cose, ci sono persone perbene, mosse da istanze legittime, ma le azioni violente vanno respinte senza se e senza ma. Altrimenti si rischia di soffiare sul fuoco».
LA DIFESA SUI SITI DI AREA. Dal fronte trenocrociato si rifiuta ogni addebito, rispetto all’incendio. Si indicano matrici mafiose e, sui siti dell’area No Tav, si paventa anche l’ipotesi che possa essere stata la stessa ditta a provocare l’incendio per motivi finanziari. Su notav.eu, si legge una controcronaca in cui, tra l’altro, si racconta che nei giorni in cui “la talpa” arrivava a Chiomonte «il titolare della Geomont contatta misteriosamente e con diffidenza alcuni No Tav (ricordiamo che la ditta è di Bussoleno e in questo paese come molti No Tav è cresciuto anche lui) fornendo informazioni dettagliate e utili a bloccare i trasporti della talpa. Forse grazie alle intercettazioni telefoniche attuate dalla polizia di stato a danno di molti No Tav la voce di queste “soffiate” giunge nel cantiere di Chiomonte dove la ditta ancora sta ultimando in attesa di pagamento alcuni lavori marginali. Una mattina di agosto il titolare della Geomont chiama trafelato “non posso più dirvi nulla” e riattacca velocemente. Forse si è reso conto anche lui che la voce è trapelata. Lo stesso giorno la sua autovettura privata parcheggiata all’interno del cantiere sorvegliato anche quel giorno da centinaia di agenti viene schiacciata e distrutta da una gigantesca ruspa. Il titolare richiama questa volta terrorizzato i No Tav e invia una foto del mezzo distrutto. Inconsapevolmente forse è una richiesta di aiuto».
CASELLI NON PIACE PIU’. Sul materiale incendiario e sull’arresto dei due militanti riconducibili all’area torinese dell’autonomia, si riduce la portata dei fatti. «Sono stati arrestati – scrivono i No Tv – perché avevano in macchina del materiale per una delle tante azioni di disturbo al cantiere, nessuna arma da guerra, nessun mezzo per uccidere, ma strumenti per recidere le reti, e difendere se stessi dai lacrimogeni ad altezza uomo. Sappiamo che non piacerà a qualcuno quest’ammissione, ma noi crediamo nella resistenza, nella lotta reale, nel mettersi in marcia in prima persona per fermare il Tav e anche questo lo abbiamo detto e fatto molte volte».
Molto negativi i commenti su Gian Carlo Caselli, che piace sicuramente meno di quanto cercava di dimostrare la mafiosità di Andreotti. Valga su tutti, una recente dichiarazione del consigliere regionale del M5S Davide Bono. «È triste pensare – scriveva in una nota – che un grande magistrato dell’antimafia sopravvissuto all’epoca delle stragi di Stato, come Caselli, stia demolendo la sua carriera e la sua credibilità, finendo per essere ricordato come l’anziano oppressore di un movimento popolare per la giustizia e la libertà».