«L’inchiesta Why Not si è rivelata una bolla di sapone. Le accuse di De Magistris erano infondate». Maurizio Tortorella, vicedirettore di Panorama, commenta così la sentenza della Corte di Cassazione che ieri ha bocciato l’inchiesta che sei anni fa portò alla ribalta l’allora sostituto procuratore a Catanzaro Luigi De Magistris. «Non è stata una vittoria parziale della difesa, ma una bocciatura sostanziale delle tesi dell’accusa. A parte alcuni rinvii a giudizio, i giudici hanno rilevato l’infondatezza del filone principale, cassando l’impianto accusatorio sostenuto da De Magistris».
Secondo De Magistris il flop dell’accusa è imputabile ai pm che lo hanno sostituito.
Non è vero. I magistrati che lo hanno sostituito quando gli fu avocata l’inchiesta hanno sempre sostenuto la sua linea accusatoria. Lo ha fatto persino il procuratore generale di Cassazione.
Grazie all’inchiesta Why Not, De Magistris diventò popolarissimo. Riuscì a conquistare più di 400 mila voti alle elezioni europee del 2008.
La vicenda getta molte ombre sulla magistratura. Sui magistrati che usano giornali compiacenti come tribuna prima di lanciarsi nel mondo politico, o che usano l’obbligo dell’azione penale per giustificare con ipocrisia qualsiasi indagine. Per fortuna c’è un terzo grado di giudizio in Italia che dimostra di non essere un ufficio timbri delle procure o dei tribunali, e che spesso riconosce l’infondatezza di certe accuse.
Why Not portò alla caduta del secondo governo Prodi. È davvero possibile, come ha sostenuto ieri Enrico Letta, separare i destini dell’esecutivo dalle vicende giudiziarie dei singoli politici, in questo paese?
Dipende. Sicuramente in questa situazione è impossibile separare politica e giustizia. Molti magistrati hanno voglia di apparire, di dare una scossa alla propria carriera, e occuparsi di politica e di politici è il modo più facile. Inoltre è la stessa magistratura ad agire politicamente. Basti pensare a come viene composto il Csm, costituito come un organo politico, diviso fra correnti simili a partiti che si spartiscono seggi. Purtroppo è dal 1993, quando irrazionalmente il Parlamento abolì l’immunità parlamentare, prevista dai padri costituenti, che si è creato uno squilibrio fra politica e potere giudiziario.
Nel 1993 Giorgio Napolitano era presidente della Camera dei deputati e si augurò che l’abolizione dell’immunità portasse a un miglioramento dei rapporti tra Parlamento e magistratura. Non sembra sia accaduto.
Pochi allora ebbero il coraggio di opporsi a quella riforma. In Parlamento soltanto un pugno di politici, prevalentemente radicali. Sono passati vent’anni da allora, e dopo quello che è accaduto in Italia, molti si stanno ricredendo. Ultimamente, anche l’ex ministro dell’Istruzione Gerardo Bianco ha lasciato intendere che abolire l’immunità parlamentare fu uno sbaglio.
La vicenda giudiziaria di Berlusconi resterà separata dalle sorti del governo, come auspicato da Letta?
Oggi nella Giunta per le elezioni del Senato sinistra e 5 Stelle voteranno per la sua decadenza. E anche se così non fosse, ci sarà presto la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici. Berlusconi è fuori in ogni caso. Se ciò non influirà sul governo, sicuramente determinerà la politica.
Cosa accadrebbe se arrivasse una richiesta di arresto preventivo per Berlusconi?
Senza più lo scudo del voto parlamentare? Si aprirebbero scenari apocalittici per l’Italia.
Come riformare la giustizia, riequilibrare i poteri?
Se non è riuscito a farlo Berlusconi con le maggioranze che ha ottenuto, come farà questo governo? Il centrodestra ha fallito nel progetto di riforme. Mentre il centrosinistra ha perduto, a parte alcune eccezioni, la sua anima garantista che contraddistingueva la sinistra degli anni ’60 e ’70. Purtroppo il Pd – Ds e Pds prima – ha inseguito il risultato elettorale attraverso l’eliminazione giudiziaria dell’avversario politico. È irrealistico pensare che toglierà le castagne dal fuoco a Berlusconi.