Gian Micalessin, inviato del Giornale, si trova in Cirenaica, a Bengasi, e spiega a Tempi la situazione della Libia.
Qual è la situazione a Bengasi?
La città è libera dal 20 febbraio ed è in mano ai Comitati rivoluzionari. Però qui ci sono voci di bombardamenti a Ras Lanuf, c’è grande incertezza.
Gheddafi ha dichiarato che la rivolta è pilotata da Al Qaeda e sono in molti a temere che il fondamentalismo islamico possa mettere le mani sulla Libia.
Sicuramente c’è una componente fondamentalista, però qui, adesso, non si vede. Apparentemente di jihadisti in giro non ce n’è. Bisogna avere il tempo di capire meglio, però il clima è quello di una grande festa popolare. Si percepisce molto forte il senso di rivalità esistente tra la Cirenaica e la Tripolitania ma nessuna evidenza di estremismo islamico.
In città arrivano rifornimenti?
I negozi sono chiusi da molti giorni e i rifornimenti sono scarsi. Però, grazie al clima di festa collettiva, ognuno mette a disposizione quello che ha. Sulla spiaggia qualcuno cucina, altri distribuiscono panini. Adesso l’euforia è grande però è chiaro che le rivoluzioni finiscono e poi bisogna stare a vedere chi prende il potere e chi comanda.
In molti chiedono un intervento militare occidentale contro Muammar Gheddafi, l’ultimo in ordine di tempo è l’ex presidente della Repubblica ceca Vaclav Havel. E’ un mezzo opportuno per porre fine agli scontri?
E’ complesso, intervento occidentale significa intervento armato, vuol dire distruggere l’aviazione e la contraerea di Gheddafi. Ci sono stati degli interventi di questo tipo, nella storia, non molto felici. Penso alla Somalia. Il rischio è che finisca così anche la Libia.
I Comitati rivoluzionari che comandano Bengasi sono espressione del popolo?
Ancora non si capisce chi ci sia dietro, chi controlla la situazione. Questi comitati non hanno una linea politica precisa, serve più chiarezza.
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