«Usati per trainare le slitte dei turisti durante le Olimpiadi in Canada 2010 e, quando non servivano più, abbattuti». E’ la storia, con richiamo in prima pagina, raccontata con tono indignato e di denuncia dal Corriere della Sera, del «massacro» di cento cani husky. Non che il gesto del loro guardiano sia corretto, non che la cosa non si potesse evitare, ma l’articolo puzza di ipocrisia, dato che non c’è spazio sui grandi giornali per drammi forse un pochino più gravi.
Il 31 gennaio scorso, infatti, la testata inglese Indipendent, titolava: «A centinaia lasciati morire negli ospizi». La grande stampa italiana si è ben guardata dal riportare la grave notizia: secondo l’indagine pubblicata, nelle case di riposo anglosassoni, sono morti 650 anziani per carenza di liquidi e 157 di fame negli ultimi cinque anni.
Fa specie pensare che il tutto accada in silenzio, mentre gli Stati si apprestano a varare leggi come quella sul cosiddetto Testamento Biologico (in Italia a breve in discussione dalla Camera) per evitare l’accanimento terapeutico. Come se la preoccupazione fosse quella. Altro che accanimento, il problema è l’abbandono terapeutico, legato al costo e alla solitudine degli anziani, come ricorda l’Indipendent.
Così, mente per l’omicidio degli husky il Corriere sottolinea che almeno per il codice penale canadese «una persona che uccide o ferisce anche un solo animale rischia fino a cinque anni di reclusione», in Italia la norma sul testamento biologico avalla l’abbandono terapeutico (o meglio l’eutanasia passiva) di esseri umani, giustificato e quindi privato di qualsiasi implicazione penale o civile. Ma questo ovviamente non fa scandalo. Si sa, vale più la vita di un husky in perfetta salute che di un anziano bisognoso di cure.