Pubblichiamo l’articolo di Renato Farina, alias Boris Godunov, che appare su Tempi, da oggi in edicola.
Mario Monti in queste settimane ha detto un paio di cose decisive sull’Italia. Lasciamo stare lo spread. Su queste faccende Monti è un esecutore delle direttive europee per le quali ci è stato imposto. Sin dagli inizi di questo suo incarico, Boris Godunov ha spiegato che si trattava di una “junta civil”, sostituta post-moderna delle giunte militari degli anni ’70 di America latina e Grecia. Dinanzi a queste forme di dittatura, mitigata dal voto parlamentare, o si fa resistenza armata o si cerca di trarre dal male il bene. E il bene è la persona di Monti. Non perché sobria ma perché educata cristianamente. Il miglior dittatore che poteva capitare, una eterogenesi dei fini, non voluta dal Poterazzo che ce lo ha piazzato in testa. Trilateral, Bilderberg o come diavolo si chiama, non sono tutto di Monti.
Ed ecco che si presenta l’occasione in cui questa santa ambiguità zampilla dalla botte del Bocconiano. Sono le parole di Monti sulla giustizia, dettate proprio a Tempi. Non uno scherzetto. La consapevolezza che le intercettazioni sono un abuso. E lo sono in funzione di un uso che stronca le persone per un disegno politico. Una cosa colossale. Infatti, da quel momento Monti è stato appeso alla corda. Anche chi lo sostiene tuttora, in ragione delle sue affiliazioni alla finanza, ha anestetizzato la questione. Come se fosse un incidente, o al massimo un ricciolo cresciuto inspiegabilmente su una testa sobria e di marmo, da tagliare subito o da schiarire, ossigenare, appiattire sul cranio di Monti. Invece secondo Boris tutto questo è decisivo. Infatti l’anomalia italiana (l’impossibilità di governare) ha le sue radici nella forza spaventosa e antidemocratica dell’apparato giudiziario che avviluppa di sé élite e popolo unite nel soffocamento. La questione italiana non ha nella giustizia una delle sue articolazioni periferiche nefaste, un tragico guasto laterale. Essa è il “tumor cordis”, il cancro al cuore, che rende qualsiasi riforma impossibile. La giustizia è il dominus autoreferenziale e infinitamente più possente di quello politico, il quale o cede e si allea in modo subordinato, o viene sradicato grazie al combinato disposto con i mass media e la finanza graziata e foraggiata volta per volta dalla masnada avanguardista delle toghe.
Monti ha detto, alla sua maniera ingenuamente accademica, che così non va. Che occorre denuclearizzare l’arma delle intercettazioni. Berlusconi lo ha chiamato per dirsi d’accordo. E allora perché dopo due giorni anche tra le file del partito berlusconiano tutto questo è stato dimenticato? Che malinconia, che meschinità. Su questo tema occorre sostenerlo, incalzarlo, indurlo a spremere il meglio. O adesso o mai. Invece alla sua bianca manina che proponeva una riforma, invece di tendere la nostra, zac, in tanti a tagliargli il braccio anche tra i garantisti, anche tra i consiglieri prossimi a Silvio, tra chi sa bene che la questione dei pm e della loro forza demenziale nei Palazzi della Giustizia, non riguarda solo la persona di S. B. ma riguarda S. B. in quanto è l’espressione più forte e chiara di chi ha inteso svellere l’Alieno (chiamava così Oriana Fallaci il cancro) che ci uccide tutti. Per questo ho applaudito il presidente Monti al Meeting. Non perché abbia detto cose monumentali. Ma perché si è lasciato stupire da un mondo positivo che cresce nonostante la crisi e gli attacchi della magistratura variamente politicizzata e l’odio anche dei cosiddetti amici.