Sedendo tra i banchi del consiglio comunale, mi rendo conto anch’io che dovrei guardarmi le spalle. E pure i vicini di banco. Di qua e di là, adesso ho due crape pelate di notevoli dimensioni: il consigliere Pagliuca e il consigliere De Chirico. Non gli ho fatto ancora l’esame del sangue dell’onestà. Però sono di Forza Italia. Che dite? Gli devo fare un prelievo per valutare il tasso di colesterolo legale che hanno in corpo?
Sono molto preoccupato. Infatti, ho appreso da Repubblica che il presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati ha appena espresso una raccomandazione importante. «I politici perbene non siedano vicino ai corrotti». Piercamillo Davigo dice bene. E accoppiandolo idealmente a Milena Gabanelli, dice bene anche il post su repubblica.it – come dice bene il resto dei commentatori “zerbinati” – che lui (Davigo) e lei (Gabanelli) «dovrebbero accettare di candidarsi e di guidare il paese». Di Pietro accettò. E si è visto com’è andata. Il pentastellato, variante per mutazione genetica dello stesso italiota dei valori, ha sopravanzato Tonino. E adesso vediamo come sta andando.
Scusate, ma conoscete un paese al mondo che da vent’anni va avanti così, con i Davigo e gli zerbinati? No, ditemi se per favore c’è un solo paese che, con tutti i casini che ci sono nel mondo – guerre, terrorismo, povertà, crisi, disastri di vario genere – si è lasciato inchiodare all’idea che la vita di un popolo progredisce perché non pensa ad altro che alla pulizia del corpo e all’igiene orale. Non ce n’è. Infatti, bene o male, tutti gli altri paesi sono andati avanti soprattutto col lavoro, la produttività, le percentuali di Pil.
Solo in Italia siamo retrocessi a picchi di disoccupazione inauditi, produttività sotto i piedi, Pil negativi o zero virgola. Italia, ovvero: il disastro dei conti alla greca, povertà da Europa dell’Est di epoca comunista, servizi alla marocchina e, ciliegina, maglia nera demografica nel mondo. Non vi viene il dubbio che nel modo in cui sono stati fatti fuori i Craxi, i Berlusconi e, prossimamente, i Renzi, è proprio lì che sta non la soluzione ma la parte più incancrenita del problema?
Vabbè. Pensatela come volete. Ma il risultato che solo i ciuchi di alcol e i ciuchi di asina possono negare – e purtroppo i ciuchi non votano o votano Cinque Stelle – è che la vetrina giudiziaria è diventata l’arte di votare l’Italia al sottosviluppo a tappe forzate. Dunque, continueremo a patire il sovrapprezzo del titolo legalità e l’esasperazione della lotta alla corruzione. E tutto questo grazie alla tacitiana situazione italiana di corruptissima re publica plurimae leges. O, come dice Tacito: più lo Stato è corrotto, più esalta il prossimo come se stesso nella propaganda della legalità e nelle leggi anticorruzione.
Questa è precisamente la situazione italiana: magistratura sempre in cattedra, e giustizialismo sempre in tutte le salse, sono l’ultimo rifugio del complesso di burocrazie, leggi, leggine, regolamenti, Tar e Consiglio di stato, con cui lo Stato si difende dalla riforma dello Stato. Purtroppo Davigo l’hanno portato al vertice dell’Anm perché rappresenta questo Stato in maniera francamente ruspante e simpaticamente spontanea. Tanto lo rappresenta quella frase sui perbene e sui corrotti (occhio dove ti siedi, fai l’analisi del sangue al tuo vicino, ti chiedi mai se stai stringendo la mano a uno che ha la fedina penale sporca?) che adesso passerà alla storia come quelle sul godimento del tintinnar di manette e la gioia del rovesciar di calzette anche a una assise di “cattolici democratici”. (I quali, peraltro, sono uno dei fattori determinanti, storicamente determinanti, della trasformazione dello Stato in una greppia di clientele e di briganti. Però, parlano bene. Però, sui diritti, la giustizia, l’uguaglianza eccetera dei cittadini, non c’è nessuno che li batta quanto a chiacchiere e distintivi).
E adesso passiamo al consiglio comunale di Milano. Città dove perfino i ciuchi cominciano a sospettare che ci sia qualcosa di originale e speranzoso rispetto al disastro che c’è in giro. Ora Milano si trova ad affrontare tre sfide importanti. Prima sfida: la massa critica di profughi e migranti che ci serve la politica italo-europea ignorante di politica estera e perciò che si limita ad accogliere e traghettare disperati dall’Africa al Continente, invece che intervenire per bloccare i flussi in origine (e certo, per far questo devi avere una politica di cooperazione, devi colpire i commercianti di carne umana, devi fare evolvere e non abbattere i regimi alla Gheddafi). Seconda sfida: attrazione di capitali, la Brexit e la famosa opportunità che ha Milano, unica in Italia, di diventare centro finanziario europeo e quartier generale di multinazionali mondiali. Terza sfida: abbattere l’ideologia, rimettere al comando la politica, decidere di investire ogni risorsa fresca sulla ripresa di iniziativa e di coesione sociale.
Quest’ultimo è il punto cruciale, che dovrebbe suggerire di de-burocratizzare, de-legificare, de-regolare. E mandare avanti chi fa. Chi fa scuola, chi fa impresa, chi fa idee. Bene. Ho come il sospetto che Sala non sia all’altezza. Ho come la sensazione che il neo sindaco sia il curatore fallimentare del socialismo in salsa procura della Repubblica. E in effetti nella sua prima delibera c’è molta carne al fuoco. Ma soprattutto aria di pulizia, legalità, lotta alla corruzione. Insomma, aumma aumma. (Che poi i bei problemini sull’Expo sono usciti solo adesso. E chissà perché).
Foto Ansa