I “lupi solitari” del terrorismo islamico non sono affatto solitari. E non sono neanche irrazionali. «Possono essere squilibrati o emarginati quanto vogliamo ma ubbidiscono a una logica, a un disegno», «hanno una visione politica». È questo l’interessante commento di Wassim Nasr, esperto dei movimenti jihadisti e autore di un saggio sull’Etat Islamique, raccolto da Stefano Montefiori per il Corriere della Sera all’indomani dell’ennesimo attentato messo a segno da un simpatizzante dell’Isis in territorio francese.
DUPLICE OMICIDIO. Come ricostruisce la cronaca del Corriere, nella notte fra lunedì e martedì Larossi Abballa, cittadino francese 25enne di origine marocchina, già condannato a tre anni di carcere per terrorismo nel 2013, ha assassinato due poliziotti, marito e moglie, nella loro casa di Magnanville, a una cinquantina di chilometri da Parigi, davanti al figlio di 3 anni, che ha avuto salva la vita. L’attacco, terminato con l’uccisione del terrorista in un blitz delle forze speciali, è stato rivendicato dai tagliagole del califfo Al Baghdadi, e di conseguenza, come per la strage nel locale gay di Orlando, i media sono tornati a parlare della nuova strategia “asimmetrica” dell’Isis, che si basa proprio sui cosiddetti “lupi solitari”.
«PROBLEMA SOTTOVALUTATO». Tuttavia secondo Nasr l’utilizzo del termine “lupi solitari” rischia di essere fuorviante e di dare l’impressione che ogni sforzo per fermare questi terroristi sia vano proprio per via del loro presunto isolamento. Soprattutto, anche peggio, «comporta una sottovalutazione del problema». Secondo l’esperto sentito dal Corriere invece «Larossi Abballa non era affatto solitario, come non lo era l’assassino di Orlando che aveva avuto in passato legami con Al Qaeda, e come non lo sono stati tutti gli attentatori degli ultimi anni, soprattutto in Francia».
«TUTTI HANNO CONTATTI». «Nello jihadismo non esistono lupi solitari», insiste Nasr. «Ogni terrorista ha contatti, ramificazioni, complicità». Lo stesso killer di Orlando, «Omar Mateen, omosessuale represso o no, aveva un amico che si era fatto esplodere per Al Qaeda». In quanto all’ultimo terrorista entrato in azione in Francia, Larossi Abballa, non solo l’uomo era stato condannato in passato per reati analoghi, e non solo la polizia avrebbe già arrestato alcuni suoi potenziali complici, ma secondo Nasr «conosce persone dell’Isis in Siria». Del resto, continua, «nessuno si sveglia un giorno e decide da solo di fare un attentato invocando lo Stato islamico».
«PAROLE NON CASUALI». Senza i legami di Abballa con le milizie jihadiste in Siria, il duplice omicida secondo l’esperto «non sarebbe stato qualificato “Soldato del Califfato” come ha fatto lo Stato islamico nella rivendicazione. Lo avrebbero chiamato simpatizzante, sostenitore. Il linguaggio usato è preciso e non casuale». Spiega Nasr: «Lo Stato islamico non rivendica mai azioni che non lo vedono coinvolto». È una questione di credibilità. Non a caso, per esempio, «i capi dell’Isis hanno evitato di rivendicare il disastro del volo Egyptair, anche nelle ore in cui tutti parlavano solo di loro».
IL “FATTO COMPIUTO”. Riguardo infine alla «visione politica» che accomuna gli attentatori come Larossi Abballa ai loro ispiratori che stanno in Siria e Iraq, Wassim Nasr per rendere l’idea definisce nel suo libro lo Stato islamico le fait accompli, «il fatto compiuto». Questo perché ormai «qualsiasi cosa accada, sono riusciti a costruire il loro sistema ideologico e politico. Se domani perdono i loro territori in Siria e Iraq, continueranno a minacciarci. Sono già riusciti a rimettere in discussione la libertà di circolazione in Europa. Centinaia di persone in Francia sono pronte a fare quel che ha fatto Abballa». Ecco perché è sbagliato definirlo “lupo solitario”.
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