A cinque anni dalla scomparsa del grande cantautore bolognese, ripubblichiamo una nostra intervista al regista e amico Pupi Avati.
Amici già dalla giovinezza, musicisti in una jazz band, Lucio Dalla e Pupi Avati non si sono mai persi di vista. Lucio, anzi aveva composto le musiche per i film più recenti del grande regista. Raggiunto da tempi.it, Avati ha ricordato così il suo amico cantautore. «È venuta a mancare una persona straordinaria, perché quando muore un poeta, muore un modo sacrale di guardare le cose della vita. La sua visione delle cose e del mondo, la sua religiosità, la sua generosità che infondeva in tutto quello che faceva era nelle sue canzoni e nel suo atteggiamento nei riguardi del prossimo, nell’aiuto che ha offerto a tante persone che sono riuscite a emergere in ambito artistico e musicale».
Ricercava il Mistero nelle sue canzoni?
Lucio ricercava la sacralità, che è sinonimo di Mistero. Era una persona profondamente religiosa: in più occasioni abbiamo parlato del presente e del futuro, anche di quello più lontano, di quello che in questi momenti lo riguarda, della morte.
Ci lascia un artista poliedrico, che non si è accontentato solo della musica.
Si è misurato con tutte le discipline artistiche rimanendo sempre un “alternativo”. Non c’è niente delle cose che ha fatto che si possano ricondurre a una paternità, a qualcosa di preesistente. Quello che ha fatto Lucio è suo e basta e disporre di una identità così forte è una prerogativa dei grandi che combattono l’omologazione dei nostri tempi.
Cosa rimarrà di lui?
Lucio era la sua arte, perciò di lui rimarrà il ricordo di una persona buona e fuori dal comune e la sua straordinaria produzione artistica.
E chissà se il suo caro amico ora sta suonando il clarino davanti a San Pietro?
(Avati sorride). Spero solo che stamattina il mio caro Lucio, il Lucio a cui voglio così bene, non abbia avuto paura mentre ci lasciava.
Foto Ansa