Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Robert Pirsig. Nacque il 6 settembre 1928. Nacque a Minneapolis. Il padre era uno studente di legge, di origine tedesca; gli antenati della madre erano arrivati dalla Svezia. Robert frequentò le elementari a Londra, mentre il padre faceva il praticantato all’Inn of Court, indispensabile per esercitare in tribunale. In Minnesota, dove il padre era tornato per insegnare legge, Robert fu giudicato abbastanza preparato per iscriversi in una classe avanti due anni rispetto alla sua età. I compagni più grandi non mancarono di tormentarlo, mentre gli insegnanti lo costringevano a scrivere con la destra. Già mancino, Robert divenne balbuziente, molto prima di scoprire che a Lewis Carroll era successa la stessa cosa e ne aveva saputo trarre vantaggio.
A quindici anni si iscrisse all’università, due anni dopo si arruolò. Fu mandato in Corea a insegnare l’inglese ai contadini. Ebbe successo convincendoli che bastavano ventisei segni, ovvero l’alfabeto, per descrivere l’universo mondo. Visitò poi il Giappone, prima di tornare nel Minnesota per studiare filosofia. Ripartì presto, questa volta per l’India. Per un anno studiò all’università della sacra città di Benares, poi tornò in Minnesota per studiare giornalismo. Nella redazione della rivista del college conobbe Nancy Ann James, studentessa coniugata. Insieme fuggirono in Nevada per lavorare in case da gioco, in attesa del divorzio di lei. In Minnesota per un master in giornalismo, Robert scoprì il peyote in una cerimonia cheyenne. Gli si aprì un nuovo mondo.
Tentò comunque una carriera accademica nel Montana, ma il suo nome era nella lista dei 50 sovversivi trovata in tasca al governatore dello Stato, vittima di un incidente aereo. Riprovò a Chicago, si ingolfò in polemiche urticanti tra platonismo e aristotelismo, insegnò retorica all’Università dell’Illinois.
Il suo comportamento domestico divenne intanto instabile e minaccioso. La notte di Natale del 1961 cadde in uno stato catatonico. Accettò l’ospedale psichiatrico e una serie di elettroshock. Imparò a venire a patti con gli altri, fece mille lavori. Mentre scriveva per la stampa commerciale, di notte lavorò a un suo libro. Ebbe nel 1974 dagli editori centoventuno rifiuti. William Morrow & Co. di Scranton, Pennsylvania, accettò di pubblicarlo con il titolo Zen and the Art of Motorcycle Maintenance. Lo avvertì di non farsi però troppe illusioni. Il successo fu tanto grande quanto inaspettato. Quando apparve in paperback ebbe cinque ristampe in un mese. La traduzione italiana uscì un po’ snellita da Adelphi solo nel 1981. Robert Maynard Pirsig è morto lunedì 24 aprile.
Magdalena Abakanowicz. Nacque il 20 giugno 1930. Nacque a Falenty, vicino a Varsavia, in una famiglia che pretendeva di discendere in linea diretta da Gengis Khan. Crebbe lontano dalla capitale nella grande casa di campagna della madre. Aveva quattordici anni quando entrò in Polonia l’Armata Rossa. La famiglia si trasferì più volte. Per la prima volta a quindici anni Magdalena, educata in casa, si iscrisse a una scuola pubblica. Nel 1954 si diplomò all’accademia di Varsavia, si dedicò alla pittura, sposò un ingegnere, con lui si trasferì in due stanze in città, frequentò i sopravvissuti del costruttivismo d’anteguerra: alla loro geometria, alla loro matematica, preferì la natura, le relazioni tra materiali organici e inorganici.
Senza abbandonare la pittura, racchiuse in gabbie di ferro ceppi d’albero, cucì la tela di sacco, modellò la creta, fuse il bronzo. Il lavoro le permise di viaggiare: riconobbe il senso dei suoi sogni nelle costruzioni tribali della Nuova Guinea.
Per un quartiere oltre la Defense di Parigi disegnò grattacieli a forma di alberi, coperti di vera vegetazione: non furono realizzati, ma i disegni furono acclamati nelle grandi gallerie del mondo. E per il mondo, gruppi di enormi figure acefale, eserciti di bronzo, testimoniano, come nella Princeton che accolse Albert Einstein, la minaccia del totalitarismo. Magdalena Abakanowicz è morta giovedì 20 aprile.