Barack Obama è pronto ad intervenire in Libia. Cinque sono i piani di guerra che la Casa Bianca sta studiando per fermare Gheddafi. Tutti prevedono una internazionalizzazione della guerra civile in atto. L’unica alternativa sarebbero le dimissioni dello stesso Muammar Gheddafi, leader libico da 42 anni.
Il primo scenario, quello più accreditato, prevede l’intervento militare della Nato con il mandato del Consiglio di sicurezza Onu. Questo comporterebbe armi ai ribelli, soldi agli insorti e infine una no-fly zone su tutto il territorio libico. La no-fly zone servirebbe ad impedire a Muammar Gheddafi di utilizzare lo spazio aereo per bombardare i rivoltosi.
I paesi del Golfo Persico hanno chiesto esplicitamente questa soluzione, appoggiata anche da Francia e Gran Bretagna, membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Onu. Frenata invece da parte di “Russia e Cina, contrarie a qualsiasi intervento militare, e senza la loro approvazione la no-fly zone non passa al Consiglio di sicurezza. «I libici devono risolvere i loro problemi da soli», dichiara il ministro degli Esteri russo Sergei Levrov” (Repubblica, p. 4).
Fonti militari fanno inoltre osservare che “per imporre una no-fly zone sulla Libia, gli aerei Nato dovrebbero neutralizzare preventivamente le difese antiaeree di Gheddafi e quindi bombardare le installazioni militari libiche” (Repubblica, p. 4).
Il secondo scenario prevede l’intervento militare della Nato in alleanza con la Lega araba e l’Unione africana. Il terzo scenario “è la variante economica che prevede di mandare avanti l’Arabia Saudita prima con aiuti finanziari ai ribelli, poi con un intervento militare, in cambio dell’appoggio logistico e l’importante copertura della guerra elettronica, quindi spionaggio satellitare e intercettazioni delle comunicazioni” (Repubblica, p. 4).
Ma il più temuto di tutti è il quarto scenario: “La Libia diventa un’altra Somalia, la guerra tribale si incancrenisce, e nel caos si infila Al Qaeda che si riconquista quel ruolo da protagonista che finora le è sfuggito; avviandosi così una internazionalizzazione del conflitto tutta tesa a strappare i pozzi petroliferi dalle mani di Al Quaeda. […] Infine l’ultima ipotesi che in realtà è una variante della prima: la no-fly zone applicata dalla Nato parte come un’operazione condotta dai cieli” (Repubblica, p. 4).