Per il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, la Brexit «non è una tragedia», piuttosto «il vero problema dell’Europa è un problema di “senso del vivere”». Intervistato da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera spiega che «la politica non aiuta più la società civile a dare senso al proprio camminare. La struttura finanziaria, economica, tecnocratica e burocratica è diventata così pesante da schiacciare la creatività che viene dal basso. (…) Il cittadino ha l’impressione di non essere preso sul serio. L’Europa, dopo la fase fondativa, ha visto Paesi che sotto la bandiera dell’unità cercavano di cavare pragmaticamente solo il proprio utile».
NO AL CAMBIAMENTO. Andando a leggere, poche pagine prima, l’intervista a Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, si ha proprio questa impressione. Da un lato, spiegando quale dovrebbe essere la reazione dell’Unione Europea al voto inglese, boccia qualunque cambiamento di rotta: «Occorrerà non alimentare ancora la falsa idea che si possa produrre crescita con nuovi debiti. Non ha mai funzionato per eliminare semplicemente i problemi».
Poi rifiuta ogni modifica dei Trattati e della governance europea, accusata universalmente di non essere democratica, uno dei temi più dibattuti per rilanciare l’Europa: «Adesso non è peraltro sicuramente il momento giusto di lavorare a una maggiore integrazione dell’eurozona». Di più: «Non è ora il momento delle visioni».
A COSA SERVE L’UE? Per Schäuble «la Ue è davanti a un banco di prova» e «deve dimostrare ora di potere risolvere rapidamente soprattutto alcuni problemi centrali. Solo così la gente si lascerà convincere e riguadagnerà fiducia». Il nodo centrale, continua il ministro tedesco, è quello «dei profughi»: «Siamo onesti, la domanda se il Parlamento europeo abbia o meno un ruolo decisivo non è quella che preoccupa la gente. (…) Le istituzioni dovrebbero piuttosto intervenire per la soluzione dei suddetti problemi. E se non dovessero riuscire, risolviamo noi questi problemi tra i governi al di fuori delle istituzioni». Ma allora le istituzioni dell’Ue a che cosa servono?
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