Barack Obama è rimasto entusiasta quando ha saputo che Cvs, la seconda catena americana di drugstore e farmacie, smetterà di vendere sigarette entro la fine dell’anno. Costo della scelta: due miliardi in meno di incassi. Ma, come affermato dal presidente sposato alla donna più salutista del mondo, «questo avrà un impatto fortemente positivo per la salute del nostro paese».
FUMO NO, CANNE SÌ. Gli hanno fatto eco, fa notare il Foglio, «uno stuolo di commenti analoghi da parte di quell’establishment politico e culturale che vuole salvare il mondo con gli hamburger senza grassi per decreto. (…) Strano che sia lo stesso establishment che con l’altra mano tifa per la legalizzazione delle droghe leggere anche a scopo ricreativo, com’è successo in Colorado, perché ciascuno nella land of the free è libero di cercare la felicità un po’ come gli pare».
DUE ERBE, DUE FASCI. Anche Obama è d’accordo (il “suo” zar antidroga un po’ meno): se il fumo è il male assoluto, sperimentare la legalizzazione della marijuana invece «è importante», perché tanto non fa più male dell’alcol. Ma se anche fumare marijuana è un diritto da garantire in nome della libertà allora, suggerisce il quotidiano di Giuliano Ferrara, «si legalizzi la canna e si condanni il Cvs illiberale e paternalista; se il problema è la salute si inauguri una nuova era proibizionista».
Ma si sa che a Obama piace essere moderno e ai moderni piacciono le canne, e non le sigarette, anche se «l’atteggiamento di chi fa di due erbe due fasci sa di cedimento ipocrita alle più sciatte convenzioni di giornata».