Il Pnv (Partito nazionalista basco), fondato dal cattolicissimo Sabino de Arana alla fine dell’Ottocento, è frutto della rinascita dei nazionalismi e della riscoperta delle radici dei popoli di stampo romantico. Non ha mai avuto tentazioni estremiste, e tantomeno terroristiche, ma ha nel suo Dna la vocazione indipendentista nei confronti della Spagna. I baschi hanno goduto durante la seconda Repubblica spagnola di un ampio margine di autonomia, repressa durante il franchismo e ripristinata con l’avvento della democrazia di re Juan Carlos. Dalle viscere del Pnv nei primi anni Sessanta nacque l’Eta, anche con l’apporto di giovani seminaristi o sacerdoti convertiti al marxismo e all’azione terroristica, sostenuta dall’ex Urss e aiutata principalmente dall’Olp che curò l’addestramento militare dei suoi membri. Gli osservatori, spagnoli e stranieri, vollero vedere nell’Eta uno strumento di pressione contro il franchismo e non capirono che la strategia del movimento si proiettava al di là del ripristino della democrazia in Spagna; da qui la simpatia di cui fu circondata la nascita del terrorismo e del nazionalismo esasperato.
Si fa presto a dire nazione…
Il nazionalismo basco si fondava su basi storiche non corrette: è vero che i baschi (anche nel loro versante francese alle pendici dei Pirenei settentrionali) sono una etnia non decifrata storicamente, come la loro lingua della quale non è stata mai scoperta dagli studiosi l’origine, ma non è vero che sia mai esistita una nazione basca. Esistevano dei “fueros” (diritti e tradizioni locali) che anche i Re Cattolici Ferdinando e Isabella giurarono solennemente di rispettare sotto l’albero di Guernica, città simbolo della regione. L’avvento della dinastia borbonica dopo il Trattato di Utrecht (1712) accentuò il centralismo castigliano e i “fueros” furono sempre più disattesi, contribuendo al sorgere dell’irredentismo e della contrapposizione netta con Madrid. Ma la codificazione del baschismo come entità nazionale distinta dalla Spagna fu forzata ed esasperata. Abbiamo già detto della non storicità di uno Stato basco, aggiungiamo che anche l’indecifrabile lingua basca fu una forzatura del Pnv: Sabino de Arana alla fine dell’Ottocento riunì un gruppo di intellettuali allo scopo di dare una trascrizione fonetica alla lingua parlata (peraltro in forma assai diversa da villaggio a villaggio) del linguaggio tramandato per tradizione orale. La lingua basca non ha una tradizione letteraria e i grandi baschi da sant’Ignazio di Loyola a Miguel de Unamuno si sono espressi in castigliano. Le città e la borghesia non conoscevano il basco, i giovani hanno incominciato ad apprenderlo e a parlarlo a scuola a partire dalla metà degli anni Sessanta del secolo passato.
Urne e pallottole
Domenica 13 maggio si sono svolte in Spagna le elezioni per il rinnovo del Parlamento regionale dei Paesi baschi: un voto importante che è avvenuto sotto la minaccia del terrorismo dell’Eta (Euskadi Ta Azkatasuna = Paesi baschi e libertà), che, ultima in ordine di tempo, la settimana precedente aveva rivendicato l’uccisione del presidente del Pp (Partito popolare del premier Aznar) della regione aragonese (Saragozza). Motivo dominante del voto di domenica era la volontà del Pp — che a livello nazionale aveva stretto in tal senso un accordo con i socialisti all’opposizione — di compiere il sorpasso nei confronti del Pnv, accusato di una troppo timida presa di distanza nei confronti del terrorismo. Naturalmente non è in discussione la democraticità del Pnv (aderente fino a due anni fa al Partito popolare europeo e già, negli anni Trenta, cofondatore delle Nouvelle equipes internationales, di sturziana memoria, così come negli anni ’60 dell’Unione europea democratica-cristiana), ma la sua impossibilità, per motivi elettorali e di immagine, di prendere una posizione frontale e netta contro l’Eta, con la quale nel 1999 aveva anzi stipulato il “Pacto de Estella” con il braccio politico dei terroristi, Eh (Eusko Herritarrok). In seguito a quel Patto, l’unico deputato del Pnv eletto nelle ultime elezioni del Parlamento europeo aderì al Gruppo Iris, ciò che a norma di statuto comportò l’espulsione dei nazionalisti baschi dal Ppe. Il Pnv attualmente è sotto ricatto dell’Eta ed è costretto ad una atteggiamento ambiguo che non consente il totale isolamento del terrorismo. La vittoria di Aznar nel recente voto avrebbe potuto rappresentare la svolta per proseguire nella politica autonomistica – peraltro già in stato molto avanzato come nella Catalogna e nella Galizia – abbandonando una bandiera nazionalista, oltretutto anti-storica: il Paese basco è una regione ricca, ma la sua economia non sarebbe concepibile senza il retroterra spagnolo. Per combattere il terrorismo è necessaria chiarezza senza distinguo e zone d’ombra; e la Spagna del “miracolo” ha bisogno di pace. Purtroppo l’ultimo voto, avvenuto sotto il ricatto capillare e intimidatorio dei terroristi, non ha consentito di raggiungere questo obiettivo: Pp (pur guadagnando un seggio al Parlamento regionale) ed i socialisti (Psoe) sono sotto di un seggio rispetto ai nazionalisti, i quali hanno sottratto 7 seggi ai terroristi. Nel Pnv convivono due anime, una moderata e l’altra radicale: se prevale la prima si avrà un governo di minoranza dei nazionalisti, se dovesse vincere la seconda si avrà la legittimazione del terrorismo. Il Pnv ha una responsabilità storica, e comunque, per la Spagna si presenta una stagione di recrudescenza della violenza, vero ostacolo al “miracolo” esemplare della democrazia e della grande crescita economica e sociale.